Carcere e covid: 204 docenti universitari e giuristi in sciopero della fame

Il gruppo di studiosi ha promosso una propria staffetta per sostenere il digiuno avviato dai radicali che chiedono interventi contro il contagio. Bronzo: “E’ una manifestazione di impegno civile dell’Accademia, la prima di questo tipo che si ricordi”

Carcere e covid: 204 docenti universitari e giuristi in sciopero della fame

Carcere e Covid: docenti universitari degli atenei di tutta Italia in sciopero della fame in staffetta per chiedere al governo e alle autorità competenti di intervenire con provvedimenti idonei a ridurre il più possibile il sovraffollamento negli istituti di pena per prevenire il rischio di un’ulteriore diffusione del contagio da Coronavirus al loro interno. L’iniziativa, avviata il 30 novembre scorso per esprimere solidarietà al digiuno intrapreso da Rita Bernardini, Irene Testa, Luigi Manconi e dai radicali, è partita da due dei più autorevoli studiosi del diritto penale, Giovanni Fiandaca e Massimo Donini, e ha ricevuto in due settimane un’adesione massiccia da parte dei giuristi che si occupano di giustizia penale fino ad arrivare a registrare oltre 200 adesioni: a oggi sono iscritti al calendario dei digiuni 204 docenti di diverse generazioni e di ogni regione d’Italia.

Pasquale Bronzo, professore associato di procedura penale alla Sapienza di Roma, è uno di loro. Docente di Diritto penitenziario, ha preso parte agli Stati generali dell’Esecuzione penale del 2015-2016, e alla Commissione ministeriale per la riforma dell’ordinamento penitenziario del 2017, è componente del direttivo dell’associazione “Nessuno tocchi Caino”, si occupa in particolare di lavoro penitenziario e segue diversi progetti di reinserimento per detenuti. “La staffetta organizzata dal nostro gruppo è una manifestazione di impegno civile dell’Accademia, la prima di questo tipo che si ricordi – spiega Bronzo - simbolica ma importante perché al di là dell’urgenza Covid e della necessità di una rapida riduzione del sovraffollamento (i dati di questi giorni, sui detenuti e sul personale, sono allarmanti, se li si legge bene) esprime, al fondo, la convinzione, acquisita in seguito a studi e analisi, non maturata sull’onda dell’emotività, che la nostra legislazione penale faccia un ricorso eccessivo al carcere”.

“Il carcere – sottolinea il docente della Sapienza - non è ‘la’ soluzione del problema del reato, che può e deve avere anche risposte diverse. E di sicuro non lo è nella sua portata afflittiva: l’ormai cronico eccesso di questo strumento e la diffusa resistenza a studiare e a prevedere risposte diverse generano il sovraffollamento carcerario, mettendo a rischio i diritti fondamentali delle persone detenute, oltre alla rieducazione. Che poi è la stessa cosa: come si fa a rieducare qualcuno se non si rispettano i suoi diritti fondamentali?”.

“La malattia del Covid – conclude Pasquale Bronzo - risveglia tutte le malattie del carcere: sono quelle che bisogna curare riprendendo il cammino interrotto della riforma penitenziaria. L’epidemia sta mostrando la pena carceraria nel suo aspetto peggiore e forse più autentico. Senza visite, senza contatti con i volontari, senza attività rieducative, restano tempo vuoto, privazione degli affetti, sofferenza: è quello che molti di noi, magari senza dirlo, pensano che sia la giusta conseguenza per chi ha mancato verso la società, ma non è nulla di utile né per la società né per chi ha mancato. Questa staffetta del digiuno è una espressione pubblica di dissenso rispetto a questo carcere, proveniente da esponenti della comunità scientifica e resa non attraverso saggi o editoriali, ma attraverso un atto di denuncia civile”. L’elenco delle adesioni e il calendario dei digiuni sono consultabili qui.

“Questa emergenza sanitaria – scrivono i docenti presentando l’iniziativa -, nel fare riaffiorare in maniera più amplificata la condizione molto problematica in cui non da ora versa il sistema penitenziario italiano, sotto il profilo delle condizioni di vita intramurarie, del livello di rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti e di una effettiva idoneità della pena a conseguire l’obiettivo costituzionale della rieducazione e del reinserimento sociale, può rappresentare un’importante occasione per riaccendere le luci sul pianeta-carcere e sollecitare il potere politico a riprendere il cammino delle riforme necessarie per ridare vitalità e concretezza ai principi enunciati nel terzo comma dell’art. 27 della Costituzione”. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)