Biennale: Pietrangelo Buttafuoco presenta il ritorno della rivista "Diluvi prossimi venturi"
E’ la prima uscita pubblica «nella città con cui ho una vena d’amore fortissima». Pietrangelo Buttafuoco, presidente della Fondazione Biennale, nella sala gremita del Centro Universitario di via Zabarella presenta Diluvi prossimi venturi / The Coming Floods (primo numero del trimestrale, rinato dopo 53 anni con Debora Rossi, responsabile dell’Archivio Storico della Biennale come direttore editoriale).
«Sappiamo quanto è importante il senso della carta, in ragione di una natura preziosa: un po’ come quando siamo chiamati a essere responsabili della bellezza intorno a noi. Immagino una precisa sensazione per questa rivista: il privilegio. Di ascoltare, imparare, poter possedere questa prima copia. L’obiettivo è stato costruire passo dopo passo qualcosa che diventi feticcio: una copia da collezione» scandisce con una legittima punta d’orgoglio Buttafuoco.
Intorno alla formula chimica H2O gemmano analisi, riflessioni, immagini: dalla memoria di ghiaccio con Carlo Barbante alle coreografie di Carolyn Carson; da Orhan Pamuk fra Istanbul e Venezia fino a Peter Weir che gira Master and Commander nell’oceano. E nella rivista della Biennale trovano spazio anche i contributi del poeta John Kinsella e del cardinale José Tolentino de Mendonça.
Siciliano di Agira, famiglia di fascisti (con uno zio parlamentare del Msi), prima libraio e poi giornalista nel Secolo d’Italia di Gennaro Malgieri, convertito al “partito sofisticato” dell’Islam – Buttafuoco a 61 anni si ritrova al vertice della Biennale con piglio deciso: «A Venezia da sempre ogni straniero trova domicilio».
La rivista? «Abbiamo il privilegio di imparare con argomenti e ragionamenti di stretta attualità, alla luce delle immagini della tragedia di Valencia. E Andrea Rinaldo, il Nobel padovano dell’acqua, aiuta a maturare consapevolezza e serenità nella discussione pubblica».
La Biennale? «Istituzione pubblica che fa servizio pubblico. E per ogni euro che costa la cultura ne genera tre…».
La filosofia? «Come ammoniscono i contadini: ad acqua e fuoco bisogna dar sempre luogo. La terra lavorata si dimostra una spugna, ma quando è landa desolata diventa plastica».