90 anni fa nasceva Lello Scagnellato, il calciatore che con fierezza ha indossato la maglia del Padova più di tutti gli altri
Nato a Fortezza il 26 ottobre 1930 e spentosi Padova, nella sua Arcella, il 10 luglio 2008. Con Blason, Azzini e Moro fece parte della celebre difesa del Padova soprannominata “I Panzer di Rocco”, che contribuì in maniera decisiva al risultato più prestigioso della storia della società veneta, conquistando il terzo posto nel campionato di Serie A 1957-1958. Lello ha con fierezza e orgoglio indossato lo scudo crociato sul petto per 356 volte (dato Transfermarkt), record assoluto nella storia del club biancoscudato, dal 1951 al 1964, di cui 218 in Serie A. Una curiosità: entrato nella storia come uno dei difensori più rocciosi, in realtà i suoi primi passi sportivi li ha compiuto nell'Unione sportiva Arcella come pallavolista.
Avrebbe compiuto oggi 90 anni Aurelio "Lello" Scagnellato, nato a Fortezza il 26 ottobre 1930 e spentosi Padova, nella sua Arcella, il 10 luglio 2008. Difensore durante la dinastia di Nereo Rocco e poi ancora responsabile del settore giovanile, direttore sportivo, accompagnatore e segretario. In breve, ha rappresentato 57 anni di Calcio Padova, ma non ci limitiamo a questo. Lasciamo parlare i numeri che dicono che Lello ha con fierezza e orgoglio indossato lo scudo crociato sul petto per 356 volte (dato Transfermarkt), record assoluto nella storia del club biancoscudato, dal 1951 al 1964, di cui 218 in Serie A. Anche qui, superiore e unico per distacco.
E pensare che Lello, il giorno del suo debutto in Serie A, il 18 novembre 1951, nella sconfitta per 3-1 contro la Fiorentina, aveva un concorso per un posto nelle ferrovie ed era indeciso sulla scelta fatta. Del resto prima di dedicarsi al calcio, ha svolto i lavori di carpentiere, tornitore, vetraio e ha lavorato per un'azienda di macchine agricole. E i suoi dubbi, all’inizio, erano anche piuttosto leciti: 35 mila lire era la cifra che guadagnava agli esordi con il Padova, contro i 30 mila da tornitore. Il calcio non fu il suo primo e unico sport: entrato nella storia come uno dei difensori più rocciosi, in realtà i suoi primi passi sportivi li ha compiuto all’Arcella come pallavolista .
Qui, nel quartiere a nord di Padova, ha vissuto tutta la sua vita. Nasce in provincia di Bolzano, dove il padre, un ferroviere, era stato trasferito per ragioni di lavoro. Inizia la propria carriera approdando nel 1947 dalla Libertas di Padova al Plateola squadra di Piazzola sul Brenta, disputando due stagioni in I Divisione. Successivamente nella stagione 1949-1950 approda alla Luparense in Serie C e nel 1951, assieme a Ciano Mazzuccato e Vittorio Scantamburlo (futuro scopritore di Alessandro Del Piero), giunge al Padova. Con Blason, Azzini e Moro fece parte della celebre difesa del Padova soprannominata “I Panzer di Rocco”, che contribuì in maniera decisiva al risultato più prestigioso della storia della società veneta, conquistando il terzo posto nel campionato di Serie A 1957-1958.
Di seguito vi proponiamo un estratto di Matteo Bruschetta sul sito Football not ballet, tratto da “Gamba Tesa” di Furio Zara.
Picchiava col cuore in mano, e va da sé: con i polsini della maglietta tutti sporchi di sangue. Gli spiaceva, era un duro dal cuoricino di panna. Interpretò come meglio non poteva la frase-leggenda di Nereo Rocco: «Tutto quelo che se movi su l’erba, daghe. Se xe la bala, pasiensa». Lello Scagnellato, diga del Padova fine anni Cinquanta, forgiato – marmo e acciaio – dal Paròn. Pin, Blason, Scagnellato, Pison, Azzini, Moro: cognomi d’altri tempi, sonorità da “manzi“, come li chiamavano allora, è la diga del padova che nel 1958 sfiora lo scudetto e arriva terzo. Di quella squadra “de poaretti“, come diceva Rocco, Scagnellato è il capitano, la bandiera, il condottiero.
L’Appiani è una trincea, Scagnellato è il suo custode. Tredici anni senza mai segnare un gol. Disse a Schiaffino: «Sei più bravo di me, ma per scapparmi via devi farmi passare il pallone tra le orecchie». Motivo di vita: spazzare l’area. Una ruspa, un aspirapolvere di tibie. Anni dopo le battaglie gli chiesero:«Lello, ma sui calci d’angolo come lo fermavi uno come Nordahl?». Il nostro si limitava a sorridere, posava il piedone sopra a quello dell’incauto, premeva e premeva e premeva, aaargh. E rispondeva:«Così lo fermavo, così». Ahia.
Classe 1930, ex carpentiere, ex vetraio, ex bracciante, la faccia da caratterista, «da lupo» disse Giampiero Boniperti, menava per un senso di responsabilità verso la famiglia, «perché devo guadagnarmi il pane», si scusava dopo il bing-bang. Se n’è andato una sera d’estate, aveva settantasette anni ed è consolante immaginarlo di spalle, con il passo lento e definitivo degli eroi, Gion Uein padano, uscire dal campo tra lo sferragliare della chincaglieria, come certi vecchi guerrieri che escono di scena portando con sé l’orda di tutte le battaglie.
Era soprannominato Padre Flanagan per la sua intima religiosità: fu lui a proporre a Nereo Rocco ed ai suoi compagni di andare a messa al Santo ogni domenica mattina prima delle partite interne.
La sua ultima partita con il Padova è stata il 13 settembre 1963, Potenza-Padova 1-1, in Serie B.
Il 10 luglio 2008 Lello Scagnellato muore, dopo una lunga malattia, a 77 anni nella sua abitazione in via Apollodoro. Il 12 ottobre 2008 il Padova gli dedica in suo nome la sala stampa e oggi riposa al cimitero dell’Arcella, accanto a sua moglie Bruna.