30 anni di Casa Sant'Andrea. Don Toffanello: «Quanto ho imparato dai ragazzi»

Il primo direttore: don Daniele Prosdocimo. Il primo padre spirituale: don Giuseppe Toffanello. Così iniziava trent’anni fa, alla Mandria, l’avventura di Casa Sant’Andrea, ora a Rubano in via Rossi 2. Se a don Daniele Prosdocimo sono succeduti come direttori don Giuliano Zatti, don Giorgio Bozza, don Silvano Trincanato e da qualche mese don Mattia Francescon, don Giuseppe Toffanello è rimasto padre spirituale fino a pochi mesi fa, con l’arrivo di don Giovanni Molon e di don Paolo Zaramella.

30 anni di Casa Sant'Andrea. Don Toffanello: «Quanto ho imparato dai ragazzi»

«Lo scopo della Casa – rievoca don Toffanello – era offrire un’iniziazione ai tanti che stavano cominciando a entrare da adulti in Seminario, perché si trovassero immersi in una “macchina” già funzionante e con i suoi ritmi». Di “cuscinetto” tra la vita “là fuori” e il Seminario parla il primo direttore, don Daniele Prosdocimo: «La richiesta è nata dalla Chiesa italiana e dalle prime esperienze pionieristiche di Verona, Bergamo e Brescia che siamo andati a visitare, ma la nostra esperienza era tutta da costruire». Ogni anno la comunità si rinnovava, «sempre molto diversa e sempre motivata», tanto che dopo alcuni anni, racconta don Prosdocimo, «la maggior parte dei preti che venivano ordinati giungevano per l’appunto da Casa Sant’Andrea. Con loro ho tanti ricordi di quest’anno di “innamoramento” verso il Signore e verso la Chiesa, con la scoperta della loro vocazione». Non si può donare senza ricevere: «Sono cresciuto tantissimo stando con questi giovani – conferma don Toffanello – soprattutto nella mia vita di fede e nella lettura comune della Sacra Scrittura. Negli anni, con la diminuzione del numero dei ragazzi, i rapporti sono diventati ancora più “precisi”, meno di gruppo e più sulle esperienze singole. Questo ha sollecitato anche in me l’urgenza di passare dall’insegnamento delle cose all’impararle insieme a loro». «Uscendo da Casa Sant’Andrea – conclude don Prosdocimo – i ragazzi si portavano a casa uno stile di vita più comunitario, con una preghiera più ordinata e più profonda rispetto a prima. Ogni anno, per ciascun ragazzo, è stato un cammino nel quale far emergere sia le verità dietro alla domanda sia le fragilità presenti nella domanda stessa».

Ottime risonanze da chi ha vissuto le “fraternità”

Ottimi riscontri dai giovani partecipanti al mese di fraternità. «Vivere il Vangelo calato nella realtà quotidiana è stata la grande scoperta – scrive Sara – Questa parola vissuta ogni giorno si è incarnata nella mia vita trovando senso, spazio e orientamento. La Parola di Dio è molto più vicina a noi di quanto ci immaginiamo!».

Andrea Canton

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