27 nuovi missionari per la Chiesa di Padova
Ieri sera, venerdì 12 ottobre, una cattedrale gremita ha dato il saluto ai nuovi missionari che la Chiesa di Padova nei prossimi mesi invierà in molti Paesi nel mondo. Tra loro i sei laici fidei donum che raggiungeranno le missioni diocesane in Brasile, Ecuador ed Etiopia, molti medici di Medici con l'Africa Cuamm e volontari dell'Operazione Mato Grosso. Prima, l'abbraccio ai rientrati.
Sembrava che tutta la Chiesa di Padova ieri sera si fosse data appuntamento nella Cattedrale da tutto esaurito in ogni ordine di posti. Laici, preti, ex missionari, pullman arrivati direttamente dall'Altopiano: nessuno di loro ha voluto mancare alla Veglia missionaria con la benedizione dei missionari che nei prossimi mesi partiranno per il Sud del Mondo (tra cui i due altopianesi Elisabettà Corrà e don Nicola De Guio, diretti in Etiopia), per annunciare il Vangelo con la loro testimonianza di vita, condividendo la quotidianità con popoli altri, dalle sensibilità nuove e tutte da esplorare, o con la propria professione di medici impegnati per gli ultimi (vedi elenco completo sotto). Tutti chiamati a mettersi alla scuola del poveri, «la migliore» come ha sottolineato il vescovo Claudio durante l'omelia.
Una veglia di una grande ricchezza spirituale, condita da tre testimonianze che hanno dato corpo al tema della 42a Giornata missionaria mondiale, "Insieme ai giovani, portiamo il Vangelo a tutti", che verrà celebrata il 21 ottobre in tutte le parrocchie del mondo. Non è mancato poi il ricordo dei due pastori beati che domani saranno proclamati santi da papa Francesco a Roma: papa Paolo VI e il vescovo salvadoregno Oscar Arnulfo Romero.
La celebrazione di ieri sera è stato anche il primo passo del cammino come direttore del Centro missionario padovano per don Raffaele Gobbi, che nel suo saluto iniziale ha definito «dono» e «onore» l'essere alla presenza di chi parte e di chi torna dalla terra di missione. UN saluto terminato con una preghiera speciale per padre Pierluigi Macalli della Sma, per un periodo impegnato nella pastorale anche a Feriole, nella diocesi di Padova, rapito 24 giorni fa in Niger: di lui ancora non si hanno notizie.
Preziose le tre testimonianze, a partire da quella del missionario rientrato, don Matteo Fornasiero, per dieci anni nella diocesi di Duque de Caxias, nella Baixada Fluminense alla periferia della megalopoli carioca di Rio de Janeiro, una missione appena riconsegnata da Padova che si sposta a nord, nell'amazzonica Caracaraì, parrocchia grande come il Nord Italia nello stato del Roraima. Don Fornasiero ha evocato brevi fatti che hanno dato il polso di una «fede missionaria e responsabile» che in terra brasiliana è facile incontrare anche nei giovani. Giovani che al «grazie per quello che fai» di un prete rispondono con naturalezza: « perché mi ringrazi? È un mio dovere di battezzato». Un Brasile in cui sono le comunità le vere protagoniste del proprio cammino, e non i preti, spesso sovraccaricati di mille incombenze anche per la timidezza o la distrazione dei laici di casa nostra.
La parola è passata dunque a Letizia Gaudio, di Fossaragna, impegnata nel progetto Policoro, lanciato 20 anni fa dalla Cei per sostenere l'occupazione giovanile. Un legame virtuale tra le diocesi del Nord e quelle del Meridione d'Italia, che ha fatto di Letizia un'animatrice di comunità: «Quando mi hanno chiesto di intervenire qui alla veglia missionaria – ha confessato – mi sono resa conto che il mio servizio alla comunità in fondo sta proprio nel portare Gesù in tutte le strade, aiutando i giovani a ritrovare giusto spazio nelle comunità, farli sentire a casa».
Un impegno fatto di mille attività, ma non manca chi, attorno a Letizia le chiede costantemente quale sia la motivazione che la spinge, perché tutto questo: «È così che il Signore si prende cura di me».
Infine la testimonianza di Yi Angelica Zhang, giovane cinese, che un anno e mezzo fa è divenuta cristiana dopo aver frequentato il cammino biennale del catecuimenato e che un mese fa ha sposato il suo Fabio. Ecco il passaggio finale della sua condivisione: «Per me essere cristiana significa non temere il Signore, anzi. Farlo entrare nei nostri cuori, esprimere la nostra fede e testimoniarla a chi si sente lontano dalla chiesa. donare amore a tutti quelli che hanno bisogno. Grazie a voi missionari che dimostrate l’amore e la grandezza di Dio con il vostro esempio, speriamo che Signore ascolti e con la sua grazie possiamo diventare un unico popolo di Dio».
E proprio da queste parole, dal recente viaggio in Turchia con i preti giovani e poi dal Sinodo dei vescovi a cui partecipa per la nomina di papa Francesco, il vescovo Claudio ha preso le mosse per la sua omelia: «Ripenso alle parole di Angelica e a quelle di un giovane iracheno che ha parlato ieri al Sinodo – ha detto il pastore – La grande maggioranza delle persone stanno pagando prezzi altissimi per la propria fede, mentre qui a Padova e nel Nord italia noi non la viviamo come una cosa importante, anzi, come se fosse una cosa secondaria. Come Chiesa di Padova dobbiamo renderci conto e che quello che ci è stato dato è un tesoro prezioso e, anche se siamo di creta, non possiamo disperderlo».
Quindi mons. Cipolla si è rivolto ai missionari rientrati dalle loro missioni nei mesi scorsi, senza nascondere le sue aspettative nei loro confronti. «Mi aspetto che sappiate aiutare la vostra vecchia madre chiesa, che resta vostra madre, che la aiutiate a vivere quella comunione che avete respirato. Siete stati alla scuola dei poveri, la migliore, ora tornate umili, non usate i poveri per fare bella figura perché l’umiltà è caratteristica della comunione. Siete più esperti di fare unità nella chiesa, per cui vi chiedo di essere servi, nelle parrocchie, tra laici, preti e laici, preti laici e vescovo».
Ma non solo, «da voi mi aspetto quell'entusiasmo che a volte qui ci manca per la nostra lunga tradizione». E poi, «anche voi sposati, che viviate con uno stile di vita sobrio, rispettoso dei poveri anche se abbiamo due lire in più in tasca». E infine «mi aspetto anche creatività e fantasia, forse ci potete dire qualcosa che noi qui non abbiamo ancora intuito e ci farà piacere metterci alla vostra scuola».
A chi sta partendo il vescovo ha conferito il mandato ufficiale della chiesa. «Chiunque voi siate, siete mandati dalla Chiesa, questa Chiesa, la vostra famiglia che vi ha generati e, anche con errori vi ha cresciuti, e ora vi permette di andare. Siete inviati e alla fine dovrete rendere conto e restituire il vostro camminare, le vostre preghiere sollecitate dai poveri, quello che i poveri hanno saputo tirare fuori di bello da dentro di voi. Dovrete condividere tutto».
E infine don Claudio ha ricordato che tutta la Chiesa di Padova è in missione, in cammino per il semplice fatto di essere battezzati. Un cammino che si svolge attorno a parole come parrocchia, giovani, trasparenza, unità. Il tutto calato nella più ampia missione di essere al mondo, in questo tempo e in questo dove, una missione comune a credenti e non credenti. Anche se occorre mantenere alta la guardia: il rischio della formalità, di celebrare parole, valori, sentimenti che non portiamo nel cuore è presente, ma nulla è dato per sempre, nemmeno la comunità cristiana. «Come a Tarso, in quell'Asia minore da cui sono venuti i missionari che ci hanno reso cristiani. Ebbene, lì oggi non solo non c'è più una comunità, ma pochi giorni fa, in visita con i preti giovani, abbiamo dovuto celebrare in borghese e in un albergo per non dare nell'occhio».
E allora non rimane che la nostra storia personale, «la quale è unica e singolare, ognuno è diverso dagli altri e si sente più o meno degno e bravo. Ma ricordiamoci le parole di Gesù: "Io ho amato voi, io ho scelto voi". La missione nasce dal rimanere dentro il suo amore».
Missionari rientrati
Tra i fidei donum rientrati dalla missione ci sono tre preti (don Giampaolo Assiso tornato dall’Ecuador; don Matteo Fornasiero dal Brasile e don Francesco Sandrin dal Canada), due famiglie di laici (Massimo Bano e Silvia Monetti con i figli Giulio, Samuele e Beatrice rientrati dall’Ecuador; Fabio Fanton e Ilaria Buson con i figli Tommaso, Edoardo e Camilla, rientrati dal Kenya) e una laica Elena Pezzuolo rientrata dal Brasile.
Rientrano dalle missioni anche la salesia suor Lucia Colcera (era in Angola) e una famiglia di volontari della Comunità missionaria di Villaregia dal Brasile (Alessandro Scapin e Anna Cavinato con i figli Samuele, Carlo e Irene).
Missionari partenti
Sono invece 27 i missionari in partenza a cui verrà consegnato il crocifisso. Tra loro ci sono sei fidei donum (don Nicola De Guio, don Stefano Ferraretto ed Elisabetta Corà che andranno nella nuova missione diocesana in Etiopia; Alessandro Brugnone e Francesca Lo Verso che andranno nella missione diocesana in Ecuador; Fabiano Brusamento destinato alla missione diocesana in Brasile). Accanto a loro ci sono i volontari dell’Operazione Mato Grosso (Tiziano Barbiero con la moglie Elisa Trotta e i figli Francesco e Damiano, che andranno in Perù; Veronica Valencia in partenza per la Bolivia; Silvia Braghetto in partenza per il Perù insieme a Anna Marzorati con Emmanuele Dal Pozzo). Mentre di Medici con l’Africa–Cuamm sono pronti a partire: Luca Brasili con Agata Miselli, medici in partenza per la Tanzania (Tosa); Daniele Calabresi con Paola Caravaggi, rispettivamente logista e medico in partenza per la Sierra Leone; Raffaella Marino, medico in partenza per il Sud Sudan (Maridi); Federica Tripoli, medico in partenza per l'Angola (Chiulo); Alice Vianello, medico in partenza per il Sud Sudan (Lui) con il marito Cristian Scola; Ester Capecchi, medico in partenza per la Tanzania (Tosa); Margherita Magnani, medico in partenza per il Mozambico (Beira); Massimo La Raja, medico in partenza per il Sud Sudan (Yirol); Stefano Vicentini, medico in partenza per la Repubblica Centrafricana (Bangui); Maria Sofia Cori, medico in partenza per l’Etiopia.