Vino, ricchezza e fragilità. La vitivinicoltura nazionale continua ad avere successo nel mondo ma deve fare i conti con grandi problemi da risolvere
Il “vigneto Italia” vale 56,5 miliardi di euro, per un corrispettivo a ettaro di 84 mila euro, quattro volte più della media delle superfici agricole.
Vino italiano miliardario, nonostante tutto. E senza dimenticare i molti problemi che, comunque, il comparto deve affrontare e risolvere. A qualche giorno dalla chiusura del Vinitaly edizione 2023, la più importante manifestazione del settore e non solo a livello nazionale, è possibile scattare una fotografia della vitivinicoltura dello Stivale tra successi e incognite di mercato ma anche con forti problemi produttivi dovuti alla struttura dei costi di produzione e al cambiamento climatico.
I conti che hanno fatto i coltivatori diretti non lasciano spazio a molti dubbi. Nel 2022 il fatturato del vino italiano nel 2022 ha sfiorato i 14 miliardi di euro. Si tratta del risultato di più componenti contrapposte: sono cresciute le vendite oltre confine, ci sono indubbie difficoltà per quelle nazionali, ci sono segnali positive nell’ambito delle vendite per la ristorazione. Importante, soprattutto, è il risultato delle esportazioni che sono cresciute del 10% circa fino ad arrivare ad un valore pari a 7,9 miliardi di euro. Continuiamo orgogliosamente a sfidare la concorrenza di Francia e Spagna. Oltre a tutto questo, Coldiretti, ricorda che la vitivinicoltura dà lavoro a circa 1,5 milioni di persone. Senza dire della tutela del territorio che le imprese vitivinicole comunque “producono”.
Buon vino anche quando viene ottenuto da imprese “particolari” come quella cooperative. Sempre nel corso del Vinitaly 2023 una ricerca dell’Ismea promossa da Alleanza delle cooperative italiane, ha indicato che le proprio le coop tra il 2010 e il 2022 hanno generato un fatturato dall’export in crescita del 130%, con un andamento superiore a quello delle esportazioni nazionali di vino che nello stesso periodo sono cresciute del 101%.
Più in generale, il “vigneto Italia”, come ha fatto rilevare una ricerca dell’Osservatorio Unione italiana vini-Vinitaly, vale 56,5 miliardi di euro, per un corrispettivo a ettaro di 84 mila euro, quattro volte più della media delle superfici agricole. Le bottiglie Made in Italy sono per circa il 70% Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia mentre solo il restante 30% sono vini da tavola.
Eppure, com’è naturale, non tutto funziona anche nella vitivinicoltura nostrana. Ad iniziare, come si è già detto, dalla struttura dei costi legata all’aumento di alcune materie prime oltre che dell’energia. Ma soprattutto a causa dell’accesso battaglia sul fronte delle regole del gioco. L’equiparazione dei vini ai superalcolici, come vorrebbero alcuni paesi europei, è obiettivamente una minaccia. Così come lo è, seppur per aspetti diversi, quanto sollevato da Federvini relativamente alle norme per gli imballaggi. “La normativa in discussione in sede europea – ha sottolineato l’associazione – mostra di penalizzare senza giustificazione valida gli sforzi compiuti dalle imprese del settore vitivinicolo verso l’efficientamento energetico e ambientale, ignorando la valenza identitaria che gli imballaggi ricoprono”. Ma ci sono anche altri problemi che rischiano di mettere in forse il futuro del comparto. I coltivatori, per esempio, hanno già sollevato la questione della manodopera per la prossima vendemmia: servirebbero, è stato spiegato, circa 20mila raccoglitori.
In altri termini, che il vino italiano sia sempre più “miliardario” è cosa fuor di dubbio, ma lo è anche il fatto che sia comunque cosa da tutelare e da difendere.