Vent'anni dopo il G8 di Genova. Quel filo rosso tra la Diaz e i pestaggi di Santa Maria Capua Vetere
Vent’anni dopo, con lo stesso sguardo. «C’è un filo rosso che tiene insieme le violenze della polizia a Genova e i pestaggi di Santa Maria Capua Vetere, passando per l’uccisione di Stefano Cucchi e di Federico Aldrovandi: l’esercizio di una violenza sproporzionata e arbitraria. L’impunità su cui gli agenti sanno di poter contare e il silenzio compatto dei loro colleghi e delle loro colleghe».
Giovanni De Mauro (55 anni, sposato con Elena Boille, genitori delle gemelle Anna e Caterina, figlio del linguista Tullio e nipote di Mauro, il giornalista dell’Ora di Palermo assassinato dalla mafia nel 1970) ha co-fondato con la moglie, Chiara Nielsen e Jacopo Zanchini nel 1993 Internazionale, che continua a dirigere.
La svolta, per l’originale testata settimanale che permette di sfogliare il mondo, è proprio a luglio 2001. Prima vendeva 20-30 mila copie, ma il numero speciale con cronache, testimonianze e reportage esteri va esaurito in un batter d’occhio. Ristampato, quel numero è “rinato” in queste settimane con “Internazionale extra Genova 2001” (in edicola a 7 euro) e con “Limoni” il podcast di Annalisa Camilli che ripercorre le giornate del G8.
«Genova è stato uno spartiacque per i movimenti e per la sinistra» commenta De Mauro, «Abbiamo deciso di raccontare a chi oggi ha vent’anni cos’è successo in quel fine settimana di luglio 2001 e per cercare di dare a quegli eventi un posto nella memoria collettiva. Nella speranza che riannodare i fili del passato possa aiutare a
ritrovare una strada per il cambiamento».
L’agrume, per Internazionale, diventa il simbolo di quelle storie: «Il nome limone si può riferire alla pianta come al frutto. E’ una poesia di Eugenio Montale, genovese, pubblicata nel 1925 nella raccolta “Ossi di seppia”. Silvio Berlusconi, all’epoca presidente del consiglio, decise che bisognava appendere dei limoni alle fioriere
di palazzo Ducale, perché erano troppo spoglie. Si dice che per ridurre l’effetto dei gas lacrimogeni sparati dalla polizia bisogna bagnare un tessuto con succo di limone e coprirsi naso e bocca».
De Mauro ha il giornalismo nel sangue da sempre. Fresco maggiorenne, grafico all’Unità. Poi nella compagnia creativa di Tango, affidato a Sergio Staino. Dopo l’esame professionale, nella redazione del supplemento Il Salvagente. Infine, la “folgorazione” nell’edicola ai Champs-Elysées di Parigi: Courrier International, un periodico formato lenzuolo con i “pezzi” dei giornali di tutto il mondo. Sarà soltanto Luigi Abete a scommettere sulla...traduzione italiana dell’idea. Il direttore di Internazionale continua a coltivare un’idea precisa dell’informazione proprio sull’onda di Genova. «L’archivio restituisce non solo la nostra prima copertina con un cadavere, quello di Carlo Giuliani» sottolinea De Mauro, «Ma anche le registrazioni tra gli agenti di polizia durante gli scontri (“Uno a zero per noi, yeah!”).
Oppure la testimonianza del capitano dei carabinieri Antonio Bruno, che in Tribunale ammette candidamente l’uso di mazze di ferro “fuori ordinanza” nelle cariche contro i manifestanti».
Di qui una presa di posizione immutata anche nella stretta attualità: «Come ha scritto Giuseppe Rizzo, “le violenze della polizia penitenziaria contro i detenuti non sono un’anomalia: sono il sistema”. Per questo non sarà mai troppo presto quando finalmente anche l’Italia deciderà di accogliere la raccomandazione del Parlamento europeo (numero 192 del 12 dicembre 2012) con cui si esortano gli Stati “a garantire che il personale di polizia porti un numero identificativo”. Dei 27 Paesi UE solo quattro restano fuori: Austria, Cipro, Lussemburgo e, appunto, Italia».
Da Genova a Santa Maria Capua Vetere. Con Amnesty International che invoca il codice identificativo sulle divise e sui caschi delle forze dell’ordine: «Certamente non garantirebbe che i soprusi non si ripetano più, ma sarebbe un primo passo e soprattutto un segnale importante».