Un sentiero e un mare. Il Mediterraneo, Papa Francesco e Giorgio La Pira
Nell’era della globalizzazione il Mediterraneo rimane un luogo di indiscussa importanza strategica nella storia del mondo: da qui parte il sentiero di Isaia, come La Pira definiva il cammino della speranza e della pace.
“È sempre necessaria – per l’unità del mondo – la convergenza e l’unità della famiglia abramitica del popoli mediterranei?”. Giorgio La Pira in un convegno a Cagliari nel 1973 poneva questa domanda e così proseguiva: “È un sogno? È, vero ma questa società apocalittica in cui viviamo e nel cui interno sempre più ci inoltriamo è appunto l’età dei sogni, l’età dell’utopia, l’età nella quale l’utopia diventa storia e il sogno diventa realtà”.
Il tema dell’unità della famiglia di Abramo e della pace dei popoli del Mediterraneo, costante nel pensiero e nell’agire politico del sindaco di Firenze è tornato nell’incontro che dal 19 al 23 febbraio scorsi ha visto riuniti a Bari i vescovi delle Chiese che circondano un mare dove la speranza e il futuro di molte persone si sono inabissati nel buio dei fondali oppure hanno raggiunto terre sconosciute.
Nell’era della globalizzazione il Mediterraneo rimane un luogo di indiscussa importanza strategica nella storia del mondo: da qui parte il sentiero di Isaia, come La Pira definiva – riprendendo l’immagine del profeta Isaia – il cammino della speranza e della pace.
In questo luogo, a distanza di ormai sessant’anni, Papa Francesco nel discorso tenuto domenica 23 febbraio a Bari, “ha incontrato” Giorgio La Pira e i suoi “colloqui mediterranei” che coinvolgevano i massimi rappresentanti di Paesi affacciati su questo mare e di altri, lontani ma non distanti dal desiderio di pace.
In questo arco di tempo il sogno del sindaco di Firenze ha subito duri colpi al punto di essere rimesso in un cassetto della storia. Un Papa riapre oggi il cassetto e chiede al mondo di “guardare questo, che è già diventato cimitero, come un luogo di futura resurrezione di tutta l’area”.
Francesco, proveniente dall’altra parte del mondo, riprende e rilancia l’utopia lapiriana fondata sul dialogo mediterraneo tra cristianesimo, ebraismo e islam. Denuncia ciò che tenta di soffocare il sogno: l’indifferenza, la retorica dello scontro di civiltà, la debolezza della politica, il delirio di onnipotenza, “la grande ipocrisia” di chi parla di pace e nello stesso tempo vende armi ai Paesi che sono in guerra.
C’è a fondamento del sogno mediterraneo l’audacia del dialogo o, come scrive Francesco, il coraggio di un’elaborazione del conflitto che non tenda all’appiattimento ma richiama alle differenze la responsabilità della ricerca dell’essenziale che le unisce: la dignità di ogni essere umano.
È per amore di questa dignità che nella profezia di Isaia, le spade si trasformeranno in aratri e le lance in falci. È un sentiero impegnativo, una ricerca di senso che, accompagnata dalle tre religioni abramitiche, si muove nella coscienza dell’uomo che oggi guarda il Mediterraneo