Un pensiero audace. Portare le generazioni future nel cuore dell’Unione europea

Quale Unione europea in un contesto politico mondiale dove i progetti di crescita si incrociano con le tragedie delle guerre e delle ingiustizie?

Un pensiero audace. Portare le generazioni future nel cuore dell’Unione europea

La domanda più ricorrente dopo l’esito delle elezioni Usa riguarda il futuro dell’Unione europea con il ritorno di Trump. Domanda preceduta da altre dopo il voto europeo dell’8 e del 9 giugno di quest’anno: quale Unione europea in un contesto politico mondiale dove i progetti di crescita si incrociano con le tragedie delle guerre e delle ingiustizie?  Quale contributo al futuro dell’Ue vengono dai rapporti Draghi e Letta?

C’è infine una domanda che riguarda la capacità e la volontà della politica comunitaria e di quelle nazionali, di aprirsi alle generazioni che verranno e non a chiudersi a riccio sul presente.

Nelle linee guida del suo secondo mandato   Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue che un po’ faticosamente si sta definendo, scrive: “Dobbiamo anche garantire che le decisioni prese oggi non danneggino le generazioni future e che ci sia una maggiore solidarietà e dialogo tra le persone di età diverse. Per portare avanti questo lavoro nominerò una Commissione le cui responsabilità includeranno la garanzia dell’equità generazionale”.

Si tratta di un passo in avanti, anche molti Paesi membri lo dovrebbero compiere con maggiori convinzione e determinazione, che ha bisogno di essere accompagnato, sostenuto e stimolato dalla società civile.

É allora utile prendere nota  dell’opera che a livello europeo stanno realizzando diversi soggetti della società civile che svolgono il compito di avocacy, che nulla ha a che vedere con la logica delle lobby, per tutelare e promuovere i diritti e la dignità  dell’uomo in ogni stagione della vita.

Tra questi soggetti c’è il “Jesuit European Social Centre” (Centro Sociale Europeo dei Gesuiti) di Bruxelles che opera in rete con una trentina di sigle perché la promessa della presidente della Commissione Ue non rimanga a mezz’aria oppure finisca nella betoniera delle strumentalizzazioni.

Una scelta importante riguarda la “collocazione” dell’organismo che prenderà a cuore le future generazioni: deve essere interno alle istituzioni comunitarie, come indica Ursula von der Leyen, oppure esterno per garantirsi l’indipendenza come, ad esempio, accade per il difensore civico o la già attiva Agenzia Ue per i diritti fondamentali?

Si è risposto con un “manifesto” (https://fitforfuuturegenerations.ue) per proporre un inquadramento giuridico dell’iniziativa e per definirne con precisione la nuova struttura.  Tre sono le indicazioni fondamentali: elaborare una dichiarazione interistituzionale sui diritti delle generazioni future; nominare un Commissario per le generazioni future che svolga la funzione di vicepresidente della Commissione Ue; includere la giustizia intergenerazionale come principio chiave per qualsiasi atto legislativo.

“Alcuni hanno ritenuto troppo ambizioso l’obiettivo di influenzare la composizione della Commissione europea – scrive il “Jesuit European Social Centre” su Aggiornamenti Sociali n.10/24 – ma tale audacia è parsa necessaria data la portata delle sfide che attendono l’Europa e il mondo. Un lavoro in rete visionario e strategico al tempo stesso può rappresentare un primo passo verso un futuro migliore”.

Tale audacia è più che mai necessaria perché una politica che si chiude sul presente, come diversi segnali confermano, è una politica senza respiro.

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Fonte: Sir