Un’attenzione agli anziani. Oltre 14 milioni in Italia
L’ascolto della società civile è una risorsa preziosa, specialmente se si privilegiano gli interlocutori che esprimono le istanze più inclusive e solidali.
Il varo del disegno di legge delega sulle politiche per gli anziani, in particolare per i non autosufficienti, è un segnale positivo che merita più di una sottolineatura. Innanzitutto nel merito, perché si pone mano – bisogna dirlo: grazie alla spinta del Pnrr – a una riforma organica lungamente attesa in uno degli ambiti più rilevanti in una società come la nostra. Bastano pochi numeri per tratteggiare la portata della questione. In Italia gli anziani non autosufficienti sono 3,8 milioni e si arriva a 10 milioni se si calcolano anche tutte le persone impegnate a vario titolo nella loro cura.
Gli ultrasessantacinquenni sono nel complesso circa 14 milioni. Ma la di là dei numeri, dietro cui ci sono comunque esseri umani in carne e ossa, si tratta di una di quelle operazioni che testimoniano il grado di civiltà di un Paese e l’effettiva possibilità di compiere scelte politiche all’insegna dell’equità e della giustizia sociale. Certo, per una valutazione puntuale e realistica bisognerà attendere la fine del percorso. Troppe volte si è andati incontro a delusioni. Al momento c’è un disegno di legge delega licenziato dal Consiglio dei ministri. Il Parlamento dovrà approvarlo entro marzo e poi il governo avrà un anno di tempo per emanare i decreti attuativi. Ma ci si è mossi nella direzione giusta e con un metodo che lascia ben sperare. E quella del metodo è la seconda, doverosa sottolineatura.
Il disegno di legge, va ricordato, era stato già predisposto dal governo Draghi, che lo aveva esaminato in via preliminare nel suo ultimo Consiglio dei ministri. Il testo era stato il frutto di un confronto serio e fecondo con le realtà della società civile che si occupano di questo settore (soprattutto con quelle riunite in un apposito “patto” per i non autosufficienti) e ciò aveva consentito l’elaborazione di un progetto adeguato alla concretezza delle situazioni. Il nuovo governo, invece di marcare a ogni costo una radicale differenza con il precedente (come purtroppo sta accadendo in altri campi) ha ripreso quel testo, lo ha integrato con una serie di elementi che anche le prime reazioni della società civile hanno valutato positivamente e ora lo porterà all’esame delle Camere. Con queste premesse non è azzardato ipotizzare un cammino parlamentare costruttivo e un voto finale con una maggioranza ampia.
E’ un metodo che dovrebbe essere praticato più spesso e che darebbe un nuovo respiro alla politica. L’ascolto della società civile è una risorsa preziosa, specialmente se si privilegiano gli interlocutori che esprimono le istanze più inclusive e solidali, non le “corporazioni” che sono in grado di gridare più forte a protezione di interessi particolari. Che possono anche essere interessi legittimi, ma sempre particolari restano. L’altra considerazione da fare è che a ogni passaggio elettorale, la nuova maggioranza emersa ha il diritto-dovere di governare e di sostenere con convinzione il proprio programma. E’ un ricambio salutare per la democrazia. Ma non si torna ogni volta all’anno zero. C’è una continuità delle istituzioni la cui stabilità è garanzia per tutti i cittadini a prescindere dalle loro opzioni politiche e c’è una continuità da assicurare nel rispetto degli impegni internazionali assunti dall’Italia in quanto tale. Come nel caso del Pnrr, che rappresenta un banco di prova ineludibile per tutti coloro che hanno responsabilità politiche.