Robe da matti, da incoscienti, da smemorati
Il filò. Il tragico gesto di un folle a Macerata accende il dibattito sull'immigrazione. E dà la misura del baratro in cui rischia di cadere il paese senza un sussulto collettivo di responsabilità.
Su fatti e comportamenti mi capita spesso di chiuderla con “Robe da matti!”.
Succede sempre più spesso. A Macerata una testa vuota, e pure rasata, ha sparato mirando agli africani. Ne ha feriti sei e poi si è consegnato alla polizia con un tricolore legato al collo, il saluto fascista, col ringhio “Viva l’Italia”. Robe da matti! La pistola era sua, aveva un regolare porto d’armi, anche se era un violento fuori di testa transitato dallo psichiatra. Robe da matti!. Si era candidato nelle liste della Lega di Salvini, che sulla sparatoria di questo razzista ha spiegato che è l’immigrazione a istigare la violenza. Robe da matti!. Per un uomo anziano, che da Macerata era emigrato in Germania al tempo dei cartelli contro cani e italiani, «il ragazzo ha fatto benissimo», e sui social network, diventati sempre più contenitori di rifiuti, i consensi sono una valanga con l’unico rimprovero: «Doveva mirare meglio». Robe da matti!.
Il giornalista Antonio Polito in un editoriale ha scritto che «abbiamo la colpa di aver accettato senza preoccuparcene troppo lo sdoganamento del discorso di odio come forma abituale di polemica culturale e politica». L’unico savio, in una banda di matti!
A questo punto non basta battersi il petto, c’è da rispondere all’urgente e scomoda domanda: “Che fare?”.
E non basterebbe un trattato di mille pagine. Per ora ci si può limitare a due risposte. La prima è andare alle urne il 4 marzo e non dare il voto a partiti e coalizioni che puzzano di razzismo e fascismo lontano un chilometro. La seconda è mettersi una mano nella coscienza, come suggerisce un noto testo: «Prima vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare».