Reddito di cittadinanza: tutti i dubbi dell’Alleanza contro la povertà
L’Alleanza contro la povertà lancia un appello alle forze di governo. In un documento presentato oggi sono contenuti dubbi e osservazioni sul Reddito di cittadinanza (Rdc), partendo dalle informazioni ad oggi disponibili. L’Alleanza considera il significativo stanziamento previsto per il Rdc un’opportunità da non sprecare. Un intervento destinato all’intera popolazione in povertà assoluta è atteso da decenni: questo risultato sembra oggi a portata di mano. Ma la consapevolezza è che se il Rdc fosse costruito nel modo sbagliato se ne pagherebbero le conseguenze per generazioni. Non bisogna vanificare gli sforzi effettuati per l’introduzione del Reddito d'inclusione, ripartendo da capo con una misura che cancella la precedente e porterebbe al caos a livello locale, dove sono partiti diversi progetti
“Si delinea il pericolo di rendere il Reddito di cittadinanza un ibrido: una politica contro la povertà per quanto riguarda i beneficiari (tutti i poveri assoluti), ma un politica contro la disoccupazione rispetto agli interventi messi in campo”. La povertà, però, è una realtà molto più complessa della mancanza di lavoro e “una simile scelta priverebbe i poveri di quell’insieme di risposte di cui l’inclusione lavorativa, seppur cruciale, è solo una parte”. È una denuncia e, allo stesso tempo, una proposta quella contenuta nel documento “Non perdiamo questa occasione. I dubbi dell’Alleanza contro la povertà in Italia sul Reddito di cittadinanza”, presentato questa mattina a Roma. L’occasione “storica” da non perdere è “l’annunciata introduzione di una misura destinata all’intera popolazione in povertà assoluta”, cioè il Reddito di cittadinanza (Rdc), con uno stanziamento finalmente adeguato all’impresa. Ma attenzione, avverte l’Alleanza, “se il Rdc fosse costruito in modo sbagliato se ne pagherebbero le conseguenze per generazioni”, con la conseguenza ulteriore di “delegittimare la lotta alla povertà”. Inoltre, far partire da aprile il Rdc “disegnato in totale discontinuità rispetto al Rei (Reddito d’inclusione) adesso vigente”, a livello locale “porterebbe al caos: non solo si azzererebbe il lavoro faticosamente svolto finora – con la sperimentazione del Sia prima e con l’introduzione del Rei dopo – ma si assegnerebbero ai Centri per l’impiego compiti di cui oggi non sono in grado di farsi carico”.
“A livello locale – sottolinea ancora il documento – gli unici attori a detenere le competenze necessarie per affrontare la multidimensionalità della povertà sono i servizi sociali comunali”. È ad essi che va assegnata “la regia della misura” nella valorizzazione di tutti i soggetti che sul territorio possono fornire “ le molteplici risposte di cui i poveri hanno necessità”, compresi i Centri per l’impiego, il cui potenziamento è assolutamente necessario.
Tre messaggi sbagliati. L’Alleanza (che, ricordiamo, è un cartello di decine di organizzazioni della società civile) mette in guardia anche dai “tre messaggi sbagliati” che vengono inviati all’opinione pubblica concentrando sempre più il Reddito di cittadinanza sull’obiettivo del lavoro. Il primo di questi messaggi è “assegnare al Rdc obiettivi che non gli competono”, attribuendogli “eccessive responsabilità nel fronteggiare i problemi occupazionali italiani che richiedono invece differenti interventi”. Il documento rileva che in Paesi europei con minore disoccupazione e Centri per l’impiego più strutturati, le politiche contro la povertà riescono a risolvere il problema lavoro soltanto al 25% dei beneficiari. Il secondo messaggio sbagliato è “sminuire il valore dei diritti sociali” che devono essere assicurati alle fasce deboli della popolazione e sono il vero obiettivo delle politiche contro la povertà. Il terzo messaggio è “spianare la strada agli attacchi futuri”, perché se la creazione di lavoro è presentata come l’obiettivo principale del Rdc, “un domani, quando non lo si sarà raggiunto, se non per una quota circoscritta di utenti, si potrà facilmente affermare che la misura ha fallito”.
L’unica prospettiva. Al punto in cui siamo arrivati, per l’Alleanza contro la povertà l’unica prospettiva realistica e concretamente realizzabile è quella di disegnare il Reddito di cittadinanza partendo proprio dall’esperienza del Rei che ha superato il giro di boa del primo anno. “Possiamo chiamarlo anche in un altro modo”, spiega Roberto Rossini, portavoce dell’Alleanza e presidente delle Acli, “migliorandolo, ampliandolo grazie alle importanti risorse stanziate, ma senza stravolgerne l’impostazione strutturale”. “Smontarne l’impianto, svuotare il Fondo povertà e ripartire da zero sarebbe fatale”, si legge nel documento. Si ripeterebbe l’errore, commesso tante volte in passato, di cambiare tutto al solo fine di marcare una diversità e di piantare la propria bandierina, mentre “il vero cambiamento non consiste nello smontare ciò che è stato realizzato dai governi precedenti, bensì nell’arrivare dove questi non sono giunti”. Sarebbe una bella sfida in positivo per il governo giallo-verde, ma finora l’Alleanza contro la povertà non ha trovato porte aperte: “Abbiamo reiterato tre volte la richiesta di un colloquio con il ministro Di Maio – ha rivelato con rammarico Rossini – ma non ci è stato possibile incontrarlo”.