Quei giovani che fanno capolino. Una riflessione su cosa può essere e cosa non può essere un movimento di piazza
Non appare corretto né sensato sminuire questo fenomeno e neppure esaltarlo, però. Il pericolo è quello di caricarlo di più responsabilità rispetto alle sue forze.
C’è un fermento nuovo che vivacizza le piazze delle città italiane. Esprime un’energia particolare a cui non eravamo abituati. I giovani che invitano a manifestare utilizzano uno stile molto soft, sono ben educati, sanno parlare, sono connessi e utilizzano i social per condividere i messaggi, per autofinanziarsi e per darsi appuntamenti.
I giovani promotori sono molto diversi da quelli di 50 anni fa. Sono più istruiti, quelli erano soprattutto studenti questi sono laureati, sono più “vecchi”, invitano gli adulti ad affiancarsi a loro senza vederli come avversari da contrastare, non avanzano le richieste emancipative, che i movimenti studenteschi e femministi chiedevano nel ’68, né le richieste dei diritti sul lavoro dei movimenti operai. Non mettono in discussione quelle, ma puntano l’attenzione su altro.
La stessa scelta del nome per identificarsi è originale: sardine. Non un pesce forte, né un pesce appariscente. Ma un pesce che sta in gruppo. Già questo è un segnale di novità per uno scenario politico che negli ultimi tempi si era indirizzato con decisione verso l’individualizzazione. Le sardine sono un banco di pesci.
Non appare corretto né sensato sminuire questo fenomeno e neppure esaltarlo, però. Il pericolo è quello di caricarlo di più responsabilità rispetto alle sue forze. Un movimento sociale non ha una forma definita e non ha una struttura precisa. La sua forza aggregativa si concentra su alcune istanze che sente come necessarie. È un movimento non è un partito, né un’associazione o un’organizzazione non profit. Non ha un programma, questo caso mai avviene nel tempo quando il movimento si struttura e diventa qualcos’altro.
L’importanza di quel che sta crescendo nelle piazze italiane mostra l’avanzare di alcune richieste di una parte consistente della società italiana. Questo movimento è originale perché interroga i politici sullo stile da assumere: si domanda una politica non aggressiva, un linguaggio e un tono non violento, la valorizzazione dell’accoglienza e dell’inclusione, l’allontanamento da derive fasciste.
La proposta principale – che unisce più o meno tutti i partecipanti – è sugli atteggiamenti e sui comportamenti da tenere, più che sui contenuti.
Queste piazze mettono in luce un vuoto di rappresentanza, una incapacità di riconoscersi, poiché le modalità con cui le forze politiche portano attualmente avanti le proprie idee, non sono condivise.
Quei giovani che fanno capolino nelle piazze affermano che i mezzi sono importanti quanto i fini, perché ne condizionano il risultato.