Né apocalittici né integrati. Anche i media nel dibattito sull’intelligenza artificiale
L’uomo di fronte alla macchina, pur altamente sofisticata, non può e non deve rinunciare all’essere coscienza critica.
Seguendo il susseguirsi di fatti che gettano ombre anche sulla vita pubblica, attraversando l’orrore di guerre e violenze che continuano a distruggere persone e città, guardando le ferite inferte ai più fragili dalle disuguaglianze, si arriva alle pagine della cultura, della scienza e della tecnologia. Non un’isola ma un territorio accanto ad altri su cui è aperto il confronto attorno all’intelligenza artificiale che permea molti aspetti della vita quotidiana.
Apocalittici, integrati, come è accaduto in passato per altre conquiste della scienza e della tecnica, si contrappongono lungo un percorso tornato alla ribalta in questi ultimi anni ma che è iniziato da alcuni decenni.
Come sarà presente e con quali conseguenze l’intelligenza artificiale nei terreni culturali, sociali e religiosi? Anche il giornalismo si sente interrogato ed esemplare in questo contesto l’iniziativa del mensile “Aggiornamenti Sociali” (nn.6/7 -2023) che ha rivolto all’Intelligenza artificiale una domanda: “Quale impatto l’intelligenza artificiale può aver sul lavoro di una rivista cattolica che si occupa di politica, società, economia e ambiente?”.
La risposta della stessa intelligenza artificiale si conclude così: “Nel complesso l’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro editoriale può essere significativo offrendo opportunità per aumentare l’efficienza, l’accuratezza e il coinvolgimento. Tuttavia, è importante che il tema editoriale bilanci l’uso dell’intelligenza artificiale con i valori e i principi del giornalismo cattolico assicurando che il contributo umano e il discernimento siano ancora prioritari nel processo editoriale”.
L’uomo di fronte alla macchina, pur altamente sofisticata, non può e non deve rinunciare all’essere coscienza critica, responsabilità che l’intelligenza artificiale non è in grado di assumere.
Occorre dunque garantire che ci siano le condizioni perché l’uomo governi la macchina e non viceversa.
A questa sfida sta rispondendo la Commissione europea perché già nell’aprile 2021 aveva proposto il primo quadro normativo sull’intelligenza artificiale con il quale si stabilisce che “i sistemi di intelligenza artificiale utilizzabili in diverse applicazioni siano analizzati e classificati in base al rischio che rappresentano per gli utenti”. Dopo altri passi avanti condivisi il 14 giugno il Parlamento europeo dovrebbe approvare l’Artificial Intelligence Act entro l’anno e si prevede la sua entrata in vigore nel 2024. La priorità è di “assicurarsi che i sistemi di intelligenza artificiale utilizzati nell’Unione e nei Paesi che hanno legami con la stessa siano sicuri, trasparenti, tracciabili, non discriminatori, rispettosi della dignità della persona, dei diritti umani e dell’ambiente”. Significativa la richiesta che i sistemi di intelligenza artificiale siano supervisionati da persone, anziché da automazione e questo significa ribadire che l’ultima parola spetta all’uomo e non alla macchina. Un buon segnale che l’Unione europea sta inviando ad altri Paesi.