Minori. Garlatti: “La giustizia riparativa non è uno sconto di pena, anzi responsabilizza”
Per l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza è “uno strumento importante anche per le vittime, per la sicurezza e la pace sociale”. Presentata, giovedì 12 ottobre, a Roma, l’indagine realizzata in collaborazione con Ministero della giustizia e Istituto degli innocenti
“La giustizia riparativa funziona”.
Ne è convinta l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza Carla Garlatti. A dimostrarlo sono le testimonianze raccolte nell’indagine nazionale che l’Autorità (Agia) ha condotto in collaborazione con il Ministero della giustizia e l’Istituto degli innocenti e che è stata presentata giovedì 12 ottobre a Roma, nella sala polifunzionale della Presidenza del Consiglio. Hanno illustrato il percorso di ricerca Benedetta Bertolini e Graziana Corica dell’Istituto degli innocenti.
“La giustizia riparativa produce effetti positivi – sia rispetto alla considerazione che si ha di sé sia in termini di relazione con l’altro e con la giustizia – nella vittima, in chi viola la legge, nelle famiglie coinvolte e nella comunità”, spiega l’Autorità garante.“Da un lato, attraverso l’incontro con l’altro, il ragazzo che sbaglia prende consapevolezza dell’errore commesso e questo contribuisce a evitare che lo ripeta in futuro. Dall’altro, la vittima che sceglie di partecipare trova finalmente un suo spazio, si sente ascoltata e compresa e questo può aiutare il suo percorso di recupero. In termini più generali, poi, si favorisce la ricostruzione della coesione sociale e si contribuisce ad aumentare il senso di sicurezza nella comunità”.
“Come ho già avuto modo dire, la giustizia riparativa deve essere la risposta prioritaria da dare ai ragazzi quando sbagliano, anche in maniera grave”, prosegue Garlatti. “Va chiarito che non è previsto uno sconto di pena, ma si tratta di uno strumento volontario che si affianca al procedimento giudiziario.
Non bisogna rappresentare la giustizia riparativa in maniera semplicistica attraverso una contrapposizione tra buonisti e forcaioli, come talora è accaduto.
Inoltre, non ha senso pensare di circoscriverla solo ad alcuni reati e impedirla per altri: con le opportune cautele è anzi molto utile anche nelle situazioni più complesse”.
Sulla scorta dei risultati dell’indagine Garlatti formula alcune considerazioni a carattere propositivo. Innanzitutto, estendere il ricorso ai programmi di giustizia riparativa per gli autori di reato che non sono imputabili. “È il modo per far prendere consapevolezza anche a chi ha meno di 14 anni dell’azione compiuta. In Italia già accade, ma non in tutti i tribunali per i minorenni. Le rilevazioni ci dicono che se nel 2018 ciò avveniva in 8 distretti di Corte d’Appello, nel 2021 è accaduto in 13: ne mancano ancora 9 e per i restanti 7 il dato non è disponibile”. Altra proposta è aumentare il numero dei centri. Complessivamente oggi in Italia ce ne sono 36 e dalla ricerca risultano presenti, in varia misura, in tutti i distretti di Corte d’Appello, a eccezione di quello di Campobasso (dove il dato non è stato rilevato). “È indispensabile che vi sia una capillare distribuzione territoriale delle realtà che realizzano percorsi di giustizia riparativa – osserva Garlatti -. Questo permetterebbe, tra l’altro, di agevolare l’accesso da parte delle vittime e di invertire la tendenza attuale che vede l’attivazione del percorso prevalentemente da parte dell’autore del reato. Inoltre, permetterebbe di realizzare la maggior parte degli incontri in presenza, evitando il ricorso all’online che rende meno efficace l’incontro”. Ancora, serve incrementare le risorse. “Servono finanziamenti adeguati a formare i mediatori, diffondere la conoscenza dello strumento tra operatori e istituzioni e realizzare programmi che coinvolgano direttamente la comunità”, rileva la garante, che invita anche a diffondere la cultura della giustizia riparativa.“Occorre investire in una maggiore conoscenza degli strumenti e del potenziale che ha la giustizia riparativa, tra le istituzioni e gli operatori del Terzo settore che lavorano con i minorenni – il suggerimento -. Allo stesso tempo bisogna promuovere la mediazione scolastica quale strumento di risoluzione dei conflitti: questa non solo può contribuire a un approccio precoce con gli strumenti di giustizia riparativa ma può rendere più semplice l’accesso a programmi di mediazione penale nei casi in cui i conflitti assumano le caratteristiche del reato”.
Importante anche il coinvolgimento delle famiglie. “Il ruolo della famiglia è fondamentale: la ricerca mostra infatti come questo abbia un evidente effetto moltiplicatore dell’efficacia del percorso e della soddisfazione di chi vi ha preso parte”. Infine, occorre diffondere il ricorso ad altri strumenti di giustizia riparativa, diversi dalla mediazione penale. Sul totale di 782 programmi di giustizia riparativa portati a termine nel 2021, più di tre quarti (75,8%) è costituita da mediazioni penali. “L’indagine, invece, sottolinea l’utilità di ricorrere ad altri strumenti, come il circle e il dialogo riparativo, vale a dire la community conference (mediazione di comunità) e la family group conference (mediazione estesa ai gruppi parentali)”.
Alla presentazione è intervenuto Antonio Sangermano, capo Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, che ha messo in guardia da alcuni rischi: “Il collocamento della giustizia riparativa al centro del processo penale può stimolare, in astratto, quelle spinte opportunistiche, strumentali, che ove non attentamente verificate e disvelate possono indirettamente produrre effetti di vittimizzazione secondaria. Tutti questi istituti funzionano nella misura in cui da parte delle persone che vi compartecipano, in una equiprossimità che non può essere astrazione concettuale e normativa, perché una persona ha subito un reato e sta soffrendo e l’altra l’ha realizzato e forse soffre per averlo fatto – ma sono due dolori completamente diversi e non equiparabili sul piano ontologico né tantomeno etico, vi è un’adesione reale, effettiva, psicologica a questo percorso di confronto. Se vi si inseriscono meccanismi di mistificazione, anche argutamente plasmati, il sistema salta”. Ricordando che “la giustizia riparativa non è priva di effetti sulla giustizia penale, ad esempio sulla dosimetria della pena, sulla concessione dell’attenuante, sulla sentenza di non luogo a procedere per i reati procedibili a querela, sulla sospensione del processo ancor prima che venga presentata la querela, Sangermano ha ribadito che
“tutto questo funzionerà se i mediatori avranno la capacità e la forza di rendere effettivo quel percorso, di renderlo vero, autentico e, nell’equiprossimità, saper distinguere. In questo quadro la giustizia riparativa può acquisire un’importanza strategica. Sta a noi farla funzionare”.
Andrea Ostellari, sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia, non avendo potuto partecipare alla presentazione ha inviato un messaggio nel quale ha scritto.
“Credo che la giustizia riparativa minorile possa essere considerata un bene e un interesse della intera comunità. Non vi è dubbio che tutto questo possa essere considerato un vero e proprio cambio di paradigma”.
Nel corso dell’evento è stato proiettato il video “Giustizia riparativa. Voci di un incontro” che riporta le testimonianze, interpretate da attori, di coloro – autori e vittime di reato – che hanno partecipato a programmi di giustizia riparativa.