Mettere tutti “alla pari”. Abbiamo una scuola che è ricca di potenzialità e alunni che mostrano capacità di apprendere importanti
Un'indagine con risultati lusinghieri per l’Italia, ma con un'importante forbice Nord-Sud.
Pirls è un acronimo che significa Progress in International Reading Literacy Study e rimanda a una ricerca internazionale che viene condotta con un ciclo quinquennale dal 2001, fornendo così informazioni su un trend di 20 anni. E’ promossa dalla Iea (un’altra sigla: sta per International Association for the Evaluation of Educational Achievement) e viene diretta dal Timss (Trends in International Mathematics and Science Study) & Pirls International Study Center presso il Boston College. L’indagine esamina la “literacy in lettura” degli studenti al quarto anno di scuola primaria (circa 9 anni di età). In buona sostanza, l’indagine misura – così è spiegato il termine “literacy in lettura” dalle organizzazioni internazionali – la capacità degli studenti di comprendere, utilizzare, valutare, riflettere e impegnarsi con i testi per raggiungere i propri obiettivi, sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità e partecipare alla società.
L’indagine è dunque importante e inoltre ha risultati lusinghieri per l’Italia, anche se riguarda un periodo particolare, cioè il tempo del Covid, quando effetti della pandemia e scarsa qualità delle lezioni on line si sono inevitabilmente fatte sentire. Gli alunni italiani di quarta elementare (primaria, ops) si sono classificati molto bene ottenendo un punteggio medio superiore a quello medio internazionale di tutti i Paesi partecipanti all’indagine e superiore al quello medio dei Paesi Ue.
Il campione di indagine è significativo: in totale hanno partecipato alle prove circa 400mila studenti, 380mila genitori, 20mila insegnanti e 13mila scuole. Nel nostro Paese – dove le prove sono state curate dall’Invalsi – hanno partecipato 7.419 studenti e 442 insegnanti in 222 scuole, con 5.152 genitori.
Tra i risultati di questo test internazionale ci sono luci e ombre. Buona la prova italiana, che testimonia come la nostra scuola primaria funziona bene. Il punteggio medio dei nostri alunni è infatti pari a 537 punti, superiore a quello medio internazionale di tutti i Paesi partecipanti e superiore al punteggio medio dei Paesi europe. Tra questi, solo gli studenti di Finlandia (549), Polonia (549) e Svezia (544) ottengono un risultato medio superiore a quello degli italiani. Per curiosità, vale ricordare che il punteggio maggiore nei test va agli studenti di Singapore (587 punti) e a quelli di Hong Kong (573).
Meno lusinghieri i risultati italiani se si considera la forbice tra diverse regioni del Paese: Nord Ovest, Nord Est e Centro ottengono punteggi medi statisticamente simili tra loro e superiori al punteggio medio delle aree del Sud e del Sud Isole. Solo i risultati del Nord Ovest e del Centro sono significativamente più alti del dato medio dell’Italia, mentre il Sud e il Nord Est hanno punteggi medi che non si discostano dal riferimento nazionale. Il Sud Isole ottiene, invece, un punteggio medio molto inferiore alla media italiana.
E’ un’ulteriore conferma di quello che è noto da tempo, cioè la disparità territoriale delle opportunità scolastiche nel nostro Paese. E guarda caso proprio il tempo della pandemia (quello cui si riferisce l’indagine Prils) è stato un momento rivelatore. Basti pensare alla disponibilità a macchia di leopardo delle infrastrutture informatiche e alle difficoltà delle famigerata Dad.
Tocca ancora una volta ripartire da qui: abbiamo una scuola che è ricca di potenzialità e alunni che mostrano capacità di apprendere importanti. Lo sforzo del Paese sia sempre più quello di “mettere in pari” i punti di partenza. Magari tra 5 anni vedremo risultati migliori.