Le Dolomiti, da 15 anni bellezza e responsabilità da Patrimonio Unesco

Patrimonio Unesco Il 26 giugno 2009, il gruppo montuoso delle Alpi Orientali otteneva il prestigioso riconoscimento. In questi anni è aumentata la consapevolezza di preservare un luogo fatto di popoli, tradizioni e natura, ma che sta soffrendo il cambiamento climatico

Le Dolomiti, da 15 anni bellezza e responsabilità da Patrimonio Unesco

«I nove sistemi montuosi che compongono il sito delle Dolomiti patrimonio mondiale comprendono una serie di paesaggi montani unici al mondo e di eccezionale bellezza naturale. Le loro cime, spettacolarmente verticali e pallide, presentano una varietà di forme scultoree che è straordinaria nel contesto mondiale. (…)» È questo l’incipit della cosiddetta Dichiarazione di Siviglia del 26 giugno 2009 che sanciva, in maniera solenne, le Dolomiti come Patrimonio mondiale dell’Unesco e inscritte nella cosiddetta World Heritage List. La lista comprende tutte quelle realtà che fanno parte del patrimonio culturale e naturale mondiale, che gli Stati e l’Unesco intendono tutelare e custodire per le generazioni future. Le nove aree coinvolte (tra cui la Marmolada, la zona delle Dolomiti del Brenta, quella del Puez-Odle e le altre sei) comprendono una zona di 142 mila ettari di superficie effettiva e 85 mila ettari chiamate zone “cuscinetto”. Le Dolomiti sono una serie di gruppi montuosi delle Alpi Orientali, perlopiù collocate in Italia (nelle province di Trento, Bolzano, Belluno, Udine e Pordenone), fatte quasi totalmente di dolomia, una roccia costituita principalmente dal minerale della dolomite. Il 13 maggio 2010 è nata la Fondazione Dolomiti Unesco che ha il compito di promuovere occasioni di concertazione, favorendo la comunicazione e la collaborazione tra le diverse province e regioni che detengono questo riconoscimento, per il mantenimento dell’integrità del bene, attraverso la gestione paesaggistica e urbana. A dirigerla è, da maggio 2021, Mara Nemela che a 15 anni dalla dichiarazione traccia un bilancio: «Vorrei ricordare il grande lavoro ed entusiasmo di chi ha promosso questa candidatura, una spinta venuta dal basso, da tante associazioni e persone desiderose di tutelare queste terre alte. C’è stata un’idea visionaria per l’epoca: il considerare le Dolomiti come uno spazio geografico unico, superando le divisioni amministrative. Il 26 giugno 2009 sono diventate patrimonio di tutti, portando una maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale e un’idea di crescita economica che le salvaguardi». La direttrice mette in luce come un ruolo fondamentale, nella tutela e sviluppo di quelle zone, l’abbiano giocato e tutt’ora lo giochino le comunità che le abitano, dimostrando una crescente attenzione e consapevolezza nel preservare quegli ambienti: «Grazie al riconoscimento dell’Unesco si è riusciti a realizzare attività economiche legate al turismo – oggi una voce fondamentale nei bilanci di tante valli – che favoriscono uno sviluppo attento a diversificare l’offerta rispetto a quella “mordi e fuggi”. Il turismo da 15 anni è cresciuto grazie all’aumentata attrattività di quei luoghi, aiutando a contrastare il problema dello spopolamento che, in alcune realtà, è particolarmente forte». I progetti portati avanti dalla Fondazione e dagli enti coinvolti sono tantissimi: «Mi preme ricordarne alcuni – evidenzia la direttrice – che si sono contraddistinti per un alto livello di partecipazione delle comunità locali, come il lavoro che si sta facendo da anni con i piccoli produttori di montagna e con i gestori di rifugio (anche con la campagna “Vivere in rifugio”). Inoltre sono coinvolti, con progetti nelle scuole ed eventi nei territori, le guide alpine, gli accompagnatori di media montagna, il soccorso alpino».

Daniele Zovi, per quarant’anni impegnato nel Corpo forestale dello Stato e scrittore su temi inerenti alle montagne, spiega che «il riconoscimento dell’Unesco di positivo ha portato un maggiore interesse e attenzione per queste zone». Per l’esperto, però, negli ultimi anni si sono accentuate problematiche dovute ai cambiamenti climatici, che ne condizionano lo stato di salute: «Tra le diverse ripercussioni, stiamo assistendo allo scioglimento accelerato dei ghiacciai dell’arco alpino che desta preoccupazione. La loro funzione e preziosità sta nel fatto che fungono da volano termico e idrico, distribuendo l’acqua conseguenza dello scioglimento graduale dei ghiacci e dei nevai, nel corso dell’intero anno. Acqua che alimenta i fiumi e i sistemi idrici che utilizziamo direttamente nelle pianure: è quella che beviamo, usiamo per l’irrigazione e altro. La diminuzione della potenza dei ghiacciai mette in crisi il futuro del sistema idrico e quindi anche la nostra stessa vita». L’esperto mette in guardia rispetto ad altri fenomeni, conseguenza dei cambiamenti climatici, che sono stati distruttivi per le montagne dolomitiche, come la tempesta Vaia del 2018 e la successiva infestazione del bostrico, ancora oggi presente. «Certamente – conclude Daniele Zovi – è necessaria un’attenzione maggiore anche per quanto riguarda la biodiversità (un sistema naturale, nel caso del bosco, è fatto di tante specie arboree e di tante età), che consente di difendersi meglio da fenomeni naturali violenti».

Averne cura

«Le Dolomiti rappresentano uno dei territori più straordinari e apprezzati e dobbiamo fare ogni sforzo per rispettarle e averne cura – sono le parole del presidente Luca Zaia – Basti pensare che l’anno scorso abbiamo registrato un totale di oltre tre milioni e mezzo di presenze e nel primo quadrimestre di quest’anno siamo già a un milione e duecentomila. Le comunità che vivono in queste aree hanno conservato usanze, lingue e culture che arricchiscono il valore delle nostre montagne. Il riconoscimento Unesco ha aiutato a promuovere e preservare queste tradizioni, incentivando un turismo sostenibile».

La provocazione di Messner: un ticket per accedervi
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Lo storico scalatore Reinhold Messner, sulle pagine del Corriere delle Alpi, nei giorni scorsi ha lanciato una provocazione: fare a Cortina e sulle Dolomiti quello che avviene a Venezia, ossia prevedere un ticket per accedere. Un po’ come succede nei parchi statunitensi. Messner aveva già proposto di chiudere i passi dalle 10 alle 16 per preservarli dal turismo aggressivo.

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