La vetta più alta. Il progetto Aconcagua per gli studenti in ospedale e le loro famiglie
C’è una storia narrata di recente da un quotidiano nazionale che consente di cogliere nei percorsi scuola-ospedale la volontà di non interrompere queste relazioni.
Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione sono 42.794 gli studenti e le studentesse nel nostro Paese che hanno frequentato le scuole ospedaliere nell’anno 2021 – 2022.
Si parla di persone giovanissime che, con le loro famiglie improvvisamente si sono trovate e si trovano ad affrontare situazioni come il ricovero in ospedale o la degenza in casa che hanno cambiato e cambiano profondamente il corso della vita interrompendo bruscamente relazioni vitali come sono quelle che nascono e crescono nella scuola.
C’è una storia narrata di recente da un quotidiano nazionale che consente di cogliere nei percorsi scuola-ospedale la volontà di non interrompere queste relazioni. C’è un documentario “My mountain” a presentare questa avventura con le sue asperità ma anche con le sue bellezze, con le sue lacrime ma anche con i suoi sorrisi.
Accompagnare gli studenti a seguire le lezioni nei reparti di un ospedale: è questo l’obiettivo di due fondazioni piemontesi (Agnelli ed Elvo e Edo Tempia di Biella per la lotta contro i tumori), di un ospedale (Maggiore di Novara) con la collaborazione dell’Ufficio scolastico e di alcuni docenti.
Il progetto si chiama Aconcagua dal nome della vetta più alta delle Ande raggiunta nel 2019 da Pietro Presti, direttore della fondazione biellese, che successivamente si è messo a capo di una cordata di persone ed enti che hanno reso possibile il raggiungimento di un’altra vetta non meno impegnativa quale è quella di non interrompere il percorso scolastico per ragazze e ragazzi degenti in ospedale o in casa.
Dal 2015 un’analoga esperienza è in corso all’ospedale Regina Margherita di Torino con il coinvolgimento di una sessantina di giovani pazienti molti dei quali colpiti da tumori. Con il progetto Aconcagua si sono aggiunte nuove vie e altre dovrebbero aprirsi.
“Bisogna garantire ai giovani pazienti – spiega Pietro Presti – non solo la didattica ma anche la relazione con i propri compagni e insegnanti. Il digitale non favorisce solo la continuità del processo educativo ma anche un recupero del benessere più ampio. Ci aspettiamo che questo progetto sia di esempio per altri centri italiani”. Nella sofferenza e nella fatica degli anni della pandemia Aconcagua aveva trovato ancor più motivazioni per farsi conoscere, per diffondersi, per proporsi come un cammino di speranza a chi stava e anche oggi sta attraversando il buio e la nebbia della malattia oncologica.
Sembrava impossibile scalare la cima più alta delle Ande come sembrava impossibile tenere aperta la comunicazione tra scuola e ospedale, tenere vive le relazioni tra persone in fatica e fisicamente distanti.
Invece è stato possibile. I passi dello scalatore in cordata per giungere alla vetta sono come i passi di giovani, di genitori e di docenti che la vita mette davanti a prove difficili se non impossibili da sostenere individualmente. Sono passi che chiedono di guardare ad altri giovani, raccontati sullo stesso quotidiano nella stessa data, che hanno compiuto passi nel vuoto perché la nebbia ha nascosto il sentiero e la cima. Anche per loro ci sarà un progetto Aconcagua perché ritrovino il sentiero?