La storia non inizia adesso. Il consenso dopo le elezioni
Le istituzioni sono di tutti gli italiani, non della maggioranza pro tempore, per quanto legittimamente eletta e titolata a governare.
Nell’esperienza di una democrazia sana convivono elementi di continuità e di discontinuità. Il rinnovarsi della rappresentanza attraverso il momento elettorale, anche quando registra un sostanziale allineamento con gli assetti pre-esistenti (e non è certo questo il caso attuale in Italia), contiene una dinamica di cambiamento che può esprimersi nel tempo in modi diversi. Lo dimostra la stessa vicenda dei primi decenni del nostro dopoguerra, in cui il succedersi di maggioranze con un ruolo predominante della Dc è andato di pari passo con profondi processi di riforma. Ma a un certo punto il sistema si è inceppato. Se si vuole indicare un evento cruciale il pensiero non può che andare all’assassinio di Aldo Moro: dopo di lui non sono mancate (e non mancano per fortuna anche oggi) figure di grande rilievo, ma non si è ritrovata quella capacità di pensare politicamente il cambiamento che lo statista democristiano ucciso dalle Br aveva espresso in modo eminente e di cui ci sarebbe un vitale bisogno oggi a fronte di mutamenti sociali, economici e politici dotati di eccezionale pervasività e connotati da ritmi parossistici.
L’estrema volatilità dei consensi elettorali (che non riguarda solo il nostro Paese dove pure ha toccato livelli frastornanti) non è la prima, ma neanche l’ultima delle conseguenze di questa convulsa accelerazione, confermata vistosamente nelle ultime elezioni. Il fenomeno non solo non smentisce ma semmai rende ancora più importante l’altro elemento che deve caratterizzare la fisiologia di una democrazia matura: la continuità. Continuità delle istituzioni e continuità dei valori fondanti. Non è un caso che la nostra Costituzione preveda per le istituzioni di garanzia, a cominciare del Presidente della Repubblica, un durata della carica superiore o comunque sfalsata rispetto all’alternarsi delle maggioranze parlamentari. O che richieda procedure rafforzate e quorum particolarmente elevati per le modifiche alla Carta stessa. Anche gli organi che sono più o meno direttamente connessi agli avvicendamenti elettorali, come il Governo e il Parlamento, sono tenuti a garantire una continuità istituzionale che prescinde dalle variazioni della loro composizione. Le istituzioni sono di tutti gli italiani, non della maggioranza pro tempore, per quanto legittimamente eletta e titolata a governare. Come di tutti gli italiani sono i valori alla base della Costituzione. Riformare alcuni meccanismi si può e forse si deve, ma non siamo all’anno zero. La storia non inizia adesso. E’ fondamentale recuperare lo spirito dei costituenti, “spirito alto di grande idealità e di grande convergenza comune, nato dall’esperienza della mancanza di libertà del fascismo e degli anni terribili della guerra”, per usare la parole del cardinale Zuppi. Questo stesso spirito è necessario per fronteggiare le sfide che incombono sul nuovo Governo e sul nuovo Parlamento. Non sono cambiate rispetto agli ultimi giorni della precedente legislatura. I problemi reali non seguono il calendario