La piazza e il parlamento. Le sardine sono importanti, ma non bastano
Alla fine anche a Padova sono arrivate le sardine. Hanno riempito piazza delle Erbe con i loro pesci multicolori e un’allegria contagiosa. Una piazza bella, colorata, pacifica, autoconvocatasi per dire con forza che c’è chi non accetta la deriva rancorosa e identitaria che come un virus sta attraversando l’Italia.
Una piazza intergenerazionale, e anche questo è un bel messaggio, per quanto sia sui giovani che si concentra in primo luogo l’attenzione.
Detto tutto il bene possibile, credo che qualche riflessione più pacata e prudente si debba pur fare. Indirizzandola in primo luogo non alle sardine, ma a quanti potrebbero avere la tentazione di scambiarle per la soluzione bella e pronta ai problemi. Negli ultimi venticinque anni abbiamo già avuto girotondi, popoli viola, agende rosse e via elencando. Tutti fenomeni nati, fioriti e poi tramontati, com’era forse nella logica delle cose e anche dei meccanismi dei mass media.
Ognuno ha dato una scossa, nessuno però ha prodotto risultati duraturi. Perché? Credo che alla fine la ragione sia semplice: la piazza appaga ma alla lunga non paga. Il suo slancio, per essere efficace, ha poi bisogno di convogliarsi in struttura e ha bisogno di leader. In una parola, ha bisogno di farsi partito e di venire a patti con le regole democratiche: logorate, imperfette, spesso deludenti, ma ancora prive di una reale alternativa.
Le sardine sono una salutare provocazione, possono dare la spinta e ridare fiducia. Ma la risposta una democrazia deve saperla trovare in parlamento, su programmi e alleanze che possano allargare lo spazio del consenso. Guai a pensare che basti una piazza per sbarrare la strada al populismo.
E guai a cadere nell’illusione prospettica che piazze piene e gioiose rappresentino il sentire profondo di un popolo. Di solito nascono da un’onda emotiva, destinata magari a ingrossarsi strada facendo ma all’inizio minoritaria. E se le minoranze creative hanno tante volte indicato la strada con forza profetica, non va mai dimenticato che sono le maggioranze silenziose a decidere in quale direzione debba andare una società.