La casa? Sempre più un’impresa. Una questione non solo di studenti
Non solo gli studenti. Accampati nelle piazze con le loro tende, hanno saputo catturare l’attenzione dei media. Ma l’emergenza abitativa in Veneto ha mille volti, a partire da quello delle quasi 9 mila famiglie che reclamano un alloggio pubblico, mentre una casa su quattro è vuota
L’emergenza abitativa in Veneto, ma non solo, sta raggiungendo livelli di guardia mai toccati prima. Le ripetute manifestazioni degli studenti universitari accampati nelle piazze e nelle strade dei grossi centri, sedi di atenei importanti, sono solo la punte dell’iceberg. Certo, i 1.900 studenti veneti che hanno diritto a un alloggio Esu ma non possono usufruirne è un tema centrale per quanto riguarda l’attrattività di città e università come Padova, Venezia e Verona, ma il dato più preoccupante non è questo. Dal 2017 al 2021, stando alle cifre del Ministero dell’interno, il numero degli sfratti in Veneto è via via cresciuto fino a tocca quote 6.975, per una media di circa 1.400 all’anno. La pandemia, la crisi energetica e delle materie prime hanno influito sulla capacità delle famiglie di pagare affitti e mutui, i quali son o schizzati alle stelle spinti, rispettivamente, dall’aumento delle spese condominiali e dal repentino rialzo dei tassi deciso dalla Banca Centrale Europea. A fronte di questa situazione la disponibilità di alloggi popolari sta diventando sempre più scarsa. Le sette Ater del Veneto posseggono 41 mila alloggi di edilizia residenziale popolare (Erp), ma quasi 6 mila risultano sfitti, il più delle volte perché non si è fatto fronte alla necessaria manutenzione. Sono ben 8.870 le famiglie in graduatoria per l’assegnazione, con Vicenza (2.500 famiglie) in cima alla classifica provinciale, seguita da Verona (2.068) e Padova (1.300), stando all’ultimo dossier Ater del Veneto. Non solo, dal 2001 al 2019 (ultimi dati disponibili), secondo Openpolis la percentuale di abitazioni occupate da residenti nella nostra regione è scesa dall’84,2 per cento al 75,5 per cento, una su quattro dunque è vuota. Abitazioni che, in due casi su tre (65,5 per cento, oltre un milione e 340.800 sulle totali 2 milioni e 46.160, secondo il il Sistema informativo sugli attestati di prestazione energetica, gestito da Enea) entro il 2033 avranno bisogno di interventi per l’efficientamento energetico, secondo la recente direttiva approvata dal Parlamento europeo. Un quadro tutt’altro che rassicurante, messo a fuoco durante il convegno “I mille volti delle emergenze abitative in Veneto”, organizzato lo scorso 23 giugno dalla Cisl Veneto mentre la Regione sta elaborando il Piano strategico delle Politiche della casa. E a mancare sembra essere proprio una vera politica sulla residenzialità, se non una visione futura dell’abitare. «Da tempo come Sicet Veneto sollecitiamo tutti gli enti locali con cui ci confrontiamo a mettere più risorse a disposizione e di tutte le persone che si trovano in difficoltà per quanto riguarda l’abitare – ha affermato Pietro Scomparin, segretario regionale del Sicet (Sindacato inquilini, casa e territorio della Cisl) – Sia con la Regione sia con l’Anci abbiamo sollecitato questo aspetto. Bisogna insieme trovare le risorse per far fronte a queste necessità». Sul fronte Ater, appare ormai perso il treno del Bonus 110% che avrebbe consentito il ripristino di molti alloggi: «Il problema economico attanaglia le Ater da anni – ha ammesso Valentino Scomazzon, presidente di Arav, l’Associazione regionale delle Ater del Veneto – Terminata l’opportunità del bonus ci stiamo interfacciando con gli uffici regionali per capire come abbassare la percentuale di alloggi sfitti che oggi arriva al 18 per cento». Le proposte su come salvaguardare i centri urbani, che si stanno sempre più svuotando, anche sulla spinta del turismo che consente maggiori profitti a basso rischio rispetto le locazioni standard, arrivano da Ezio Micelli, docente al Dipartimento di culture del progetto dello Iuav di Venezia: «l tema della residenzialità è decisivo se vogliamo che luoghi come Venezia, Padova, e Verona, città sede di importanti università continuino a essere considerate attrattive. Si tratta dei una grande infrastruttura funzionale allo sviluppo, funzionale a un’idea di città inclusiva che io credo sia nella mente di molti. Da un lato servono maggiori investimenti, dall’altro una regolamentazione ragionevole e ponderata per fare in modo che una parte delle abitazioni rimangano a disposizione di studenti e lavoratori in mobilità. La pluralità di soggetti è fondamentale per mantenere le nostre città vitali, capaci di crescita e di inclusione sociale».
Erp, dopo il Bonus 110% si punta su Pnrr e fondi Ue
Per quanto riguarda l’Edilizia residenziale pubblica, dopo la fine del Bonus 110%, nuovi fondi potranno arrivare sia dal Piano nazionale di ripresa e resilienza sia da risorse presenti nella programmazione europea che in questo ambito premia efficienza energetica e rigenerazione urbana. Occorre quindi cucire il tutto in una proposta politica sostenibile e realizzabile.
Sempre meno risorse pubbliche per la casa
La mancanza di risorse pubbliche destinate all’abitare è oramai endemica in Italia e in Veneto. Da un lato sono state gravemente ridotte negli anni quelle destinate all’edilizia residenziale pubblica (che continua perciò a non avere risorse certe), dall’altro è scomparso dai bilanci pubblici pure il rifinanziamento dei fondi a sostegno della morosità incolpevole
di tante più famiglie in difficoltà anche in esito all’inflazione, su cui pesa dunque il rischio sfratto. Prima ancora, però, si tratta di mancanza di visione globale e di assenza di politiche abitative, completamente uscite dall’agenda politica. È fondamentale accendere una riflessione sul welfare abitativo, fattore risolutivo di altre emergenze. Avere una casa permette infatti di dare il via a un vero e proprio progetto di vita e di sentirsi parte di una comunità.