Influencer con il Vangelo in mano. Don Alberto Ravagnani: “Siamo testimoni, come agli inizi”
Testimoni o influencer? Come definire i cristiani che abitano i social per raccontare la loro fede? Il Dicastero per la comunicazione ha organizzato per questa sera (4 agosto) il primo Festival mondiale degli influencer cattolici. A Lisbona, durante la Giornata della gioventù. L’iniziativa si colloca all’interno dei lavori per il Sinodo digitale, che attraverso il progetto "La Chiesa ti ascolta" vuole portare i riflettori della Chiesa su quello che sta accadendo nel continente digitale, o meglio su quello che il popolo di Dio presente sui social sta già vivendo
Testimoni o influencer? Come definire i cristiani che abitano i social per raccontare la loro fede? Il termine influencer, in ambito ecclesiale, pare ancora essere pregiudicato come troppo mondano. Influencer sono cantanti o TikToker, non preti, suore o famiglie che vogliono annunciare il Vangelo. Anzi, quando si prova ad associare questo termine alla Chiesa ancora si alzano gli scudi di chi ancora è sospettoso nei confronti dei social network. Ma qualcosa sta cambiando.
Il Dicastero per la comunicazione ha organizzato per questa sera (4 agosto, n.d.r.) il primo Festival mondiale degli influencer cattolici . A Lisbona, durante la Giornata della gioventù.
L’iniziativa si colloca all’interno dei lavori per il Sinodo digitale , che attraverso il progetto “La Chiesa ti ascolta” vuole portare i riflettori della Chiesa su quello che sta accadendo nel continente digitale, o meglio su quello che il popolo di Dio presente sui social sta già vivendo.
Al Festival saranno presenti moltissimi missionari digitali provenienti da tutto il mondo, sia laici che consacrati, ciascuno impegnato a suo modo ad annunciare il Vangelo anche online.
Sarà un evento in presenza, ovviamente, perché incontrarsi di persona è tutt’altra cosa che farlo mediante uno schermo, ma sarà anche virtuale, nella misura in cui tutti quanti siamo ormai interconnessi attraverso i nostri account digitali. Ma non è questo il punto.Il Festival di oggi è importantissimo perché ruota tutto attorno alla missione di annunciare il Vangelo. Che poi la missione cristiana oggi debba anche svolgersi nel mondo digitale è praticamente scontato.
Protagonisti dell’iniziativa infatti non sono tanto gli influencer, più o meno famosi che siano, quanto la missione cristiana che loro in maniera visibile mettono al centro della propria vita. Oltre agli influencer, poi, saranno presenti al Festival anche le loro community, i numerosissimi follower che seguono le loro iniziative e che li supportano con la stima e la preghiera. Insomma, non semplicemente un evento sui social ma un evento di Chiesa su ciò che sta al centro della vita della Chiesa: la missione, affidata da Gesù, di andare in tutto il mondo per annunciare il suo Vangelo (Mc 16,15).
Qualcosa nella Chiesa sta cambiando.
Si stanno facendo avanti generazioni di evangelizzatori che usano i social per fare quello che altri cristiani, in altri tempi, avevano fatto usando le possibilità di volta in volta a loro disposizione.
Ora i missionari hanno un account Instagram, predicano su YouTube e si intendono di video editing. Ad alcuni possono sembrare cose dell’altro mondo, e per certi versi è così. Ma d’altra parte, a ben vedere, non è nulla di nuovo: chi ha incontrato Gesù lo testimonia come può. Sono testimoni di Gesù. Per questo lasciano il segno. Per questo li chiamano influencer. Testimoni o influencer, dunque? In realtà, se si parla di fede, questi termini possono essere usati come sinonimi.Ogni buon testimone di Cristo è chiamato a influenzare la vita di chi incontra attraverso la propria testimonianza,
come luce che influenza l’aspetto della realtà che illumina e come sale che influenza il sapore dei cibi a cui è aggiunto. Ogni buon influencer cristiano, poi, è chiamato a essere testimone di Cristo e non semplicemente imprenditore di sé stesso, affinché si manifesti in lui la vita di Colui che gli ha cambiato la vita. Ed è così, attraverso la testimonianza degli influencer cristiani, che la Chiesa anche in quest’epoca digitale continuerà a essere vicina a tutti i suoi figli.
Alberto Ravagnani - Avvenire