Impegniamoci a lasciare il mondo un po' meglio di come l'abbiamo trovato
Solo noi possiamo scongiurare o almeno attenuare gli effetti delle catastrofi dovute allo stile di vita insostenibile di una parte della popolazione.
Al numero 160 dell’enciclica Laudato sii’ Papa Francesco esplicita e sintetizza il suo grido di allarme: “Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?” Una domanda che non riguarda solo l’ambiente ma l’orientamento generale, il senso, i valori del mondo per le generazioni che ci seguiranno.
Una domanda che interpella le coscienze di tutti gli uomini e le donne del pianeta e che se fatta con coraggio suscita a sua volta altri interrogativi: “A che scopo passiamo da questo mondo? Per quale fine siamo venuti in questa vita? Per che scopo lavoriamo e lottiamo? Perché questa terra ha bisogno di noi?” (LS 160) È chiaro che dare risposte a questi interrogativi non significa soltanto preoccuparsi per le future generazioni, ma riguarda noi in prima persona, è in gioco la dignità di noi stessi. Solo noi possiamo scongiurare o almeno attenuare gli effetti delle catastrofi che già stanno avvenendo periodicamente in diverse regioni a causa delle alterazioni dell’ambiente dovute allo stile di vita insostenibile di una parte della popolazione. Siamo convinti di questo?
Ne sappiamo parlare nella nostra famiglia? Il Papa insiste nello stigmatizzare l’individualismo egoista della soddisfazione immediata come un virus a cui l’uomo e la donna postmoderni sono costantemente soggetti. Esso è causa di difficoltà anche nella trasmissione dei beni fra gli stessi membri famigliari. “Molte volte si è di fronte a un consumo eccessivo e miope dei genitori che danneggia i figli, che trovano sempre più difficoltà ad acquistare una casa propria e a fondare una famiglia”. (LS 162).
Forse allora non è solo dovuto alla pigrizia dei giovani se restano a casa fino ai 30 anni, ma anche ad uno stile di vita che non incentiva l’autonomia perché troppo incentrato su un consumo statico e ripiegato su di sé. Bisogna “ampliare l’orizzonte delle nostre preoccupazioni e pensare a quanti vengono esclusi dallo sviluppo” (LS 162) Non si tratta di pensare ai poveri del futuro – dice il Papa – ma basta guardare ai poveri di oggi che chiedono con insistenza una vita dignitosa. Ma in tutto questo il nostro impegno come si può concretizzare? Il cambio di mentalità può essere agevolato da alcuni comportamenti e viceversa? Sì, è così.
Di certo imparare a non sprecare induce a donare ciò che sopravanza, ma in tutto il nostro agire possiamo comportarci come se nessuno dovesse esserci intorno o dovesse passare da lì dopo di noi, o come viaggiatori leggeri, ospiti discreti e grati del Creato che cercano di lasciare come hanno trovato anzi un po’ meglio di come hanno trovato il luogo del loro passaggio. Fin da bambino piccolo posso imparare a non sfregiare un albero al mio passaggio, è un gesto piccolo ma che diverrà matrice di altri più grandi comportamenti virtuosi. Lasciare il mondo un po’ meglio di come lo si è trovato, l’antico adagio che Baden Powell trasmise ai suoi scout rimane valido per tutti e ci invita ad essere vigilanti nel cammino riguardo a tutte le possibilità di “meglio” che ci è dato di vivere.