Il Movimento per la vita di Padova invia una lettera aperta a Luca Zaia
Illustre governatore del Veneto Luca Zaia, la stampa ha riportato in questi giorni la notizia di alcuni casi in cui le Ulss italiane, in particolare del Veneto, avrebbero “autorizzato” l’assistenza al suicidio di alcune persone affette da malattie inguaribili e da gravi sofferenze
Ovviamente non entriamo nel merito dei singoli casi, quali quello della signora “Gloria” morta nei giorni scorsi e di altre persone il cui suicidio non è ancora avvenuto. A loro va comunque la nostra totale vicinanza e comprensione. Riteniamo però essenziale ribadire che i diritti alla vita e alla salute (valori fondanti della nostra Costituzione), trovano la loro concreta applicazione solo quando essi siano effettivamente garantiti dal dovere sociale della “cura” che non si esaurisce nella somministrazione dei singoli trattamenti (rinunciabili), ma investe l’atteggiamento complessivo della comunità che non può mai tradursi nell’abbandono come enunciato dalla sentenza della Corte Costituzionale 242/2019 («È compito della Repubblica porre in essere politiche pubbliche volte a sostenere chi versa in simili situazioni di fragilità, rimuovendo in tal modo, gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana») che richiama i doveri inderogabili di solidarietà sanciti agli art. 2 e 3 della nostra Costituzione.
Tralasciando l’esame delle singole motivazioni della succitata sentenza e della successiva sentenza 50/2022 della Consulta, ci pare opportuno mettere in evidenza che la Corte non riconosce alcun “diritto alla morte” (e cioè un diritto soggettivo) con il conseguente diritto a ottenere dallo Stato (o da terzi) un aiuto direttamente finalizzato a morire. La Corte si è pronunciata infatti, solo in campo penale e limitatamente all’ipotesi di aiuto al suicidio realizzato attraverso l’intervento materiale di terzi nell’esecuzione dell’atto suicidario e, solo nel caso che il richiedente stesso sia tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale (che dovranno intendersi, per tali, macchinari e/o apparecchiature elettromedicali); affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psichiche intollerabili; pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli (e quindi mai minore o incapace). Inoltre, il proposito di suicidarsi dovrà essersi formato autonomamente e liberamente senza pressioni, condizionamenti o interventi esterni e dovranno essere state intraprese adeguate azioni di sostegno e prospettate le possibili alternative. In sostanza l’ aiuto al suicidio resta vietato, ma non sarà punibile solo nel caso si verifichino le condizioni sopra indicate. Dalla sentenza emerge inoltre che l’aiuto materiale al suicidio non è punibile, nei soli casi previsti, unicamente quando la persona richiedente si trovi “attualmente” nelle condizioni di intollerabile sofferenza che l’hanno indotta a richiedere tale aiuto. Pertanto non è in alcun modo ammissibile, secondo la sentenza, che la richiesta di aiuto al suicidio, si traduca in una sostanziale autorizzazione “ora per allora” da utilizzare quando l’interessato lo ritenesse opportuno. È per questo che l’ottenimento di aiuto al suicidio non può far parte delle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento (Dat), e l’aiuto al suicidio non può far parte di pianificazione condivisa delle cure. Non solo ma: - l’ottenimento dell’aiuto al suicidio non costituisce un diritto soggettivo; - nessuno può esser tenuto ad agevolare il suicidio; - nessuna struttura pubblica, né privata, è obbligata a creare un servizio relativo; - conseguentemente, non prevedendo obblighi in proposito, non è prevista alcuna obiezione di coscienza. Auspichiamo che proprio a questi doveri si ispirino le iniziative della Sanità Veneta, che attenendosi al contenuto delle sentenze appena citate, dia piena attuazione alla Legge 38/2010 (sulle cure palliative e la terapia del dolore) e all’ art. 2 della Legge 219/2017, evitando ogni forma di burocratizzazione tale da far divenire il suicidio assistito un servizio garantito dallo Stato.
prof.ssa Daria Minucci
Presidente del Movimento per la Vita di Padova;
prof.ssa Fiorella Scalamera e avv. Marcello Vinci
Vicepresidenti del Movimento per la Vita di Padova.