Custodia del Creato: Morandini (Fondazione Lanza), “la speranza terrà gli occhi aperti sulla realtà contraddittoria di un tempo difficile”
“Oggi siamo chiamati a essere e operare insieme contro il mutamento climatico; insieme sulla cura; una priorità alta per ognuna delle nostre comunità”, attraverso una “resistenza all’inaccettabile, come gli sversamenti dei fanghi nei campi dove si coltiva mais o gli incendi in Amazzonia”; “la coltivazione di un’ecospiritualità solidamente radicata nel Vangelo di Gesù Cristo, con un sogno di terra buona, abitabile; una responsabilità personale e comunitaria”; “la condivisione di buone pratiche”.
Infine, occorre “contribuire alla progettazione di un futuro sostenibile: tecnologia, territori, giustizia; Recovery Plan (entro New Green Deal) come grande opportunità”. Lo ha detto Simone Morandini, docente dell’Istituto di studi ecumenici San Bernardino e collaboratore della Fondazione Lanza, al 17° Seminario di studio sulla custodia del Creato sul tema “Per una vita buona, su una terra da risanare: ambiente e salute in tempo di pandemia”, organizzato oggi a Roma dal Tavolo di studio “Custodia del creato”.
A proposito del “contribuire”, ha precisato Morandini senza “nessuna arroganza delle Chiese nel rivendicare a sé esclusive o priorità sulla cura del Creato”. A loro compete, ha osservato riprendendo Giovanni Paolo II, di “stimolare e sostenere la ‘conversione ecologica’, che in questi ultimi decenni ha reso l’umanità più sensibile nei confronti della catastrofe verso la quale si stava incamminando”. Per far questo esse porteranno “buone motivazioni all’agire, radicate in alcuni valori profondi chiedendosi che mondo intendiamo lasciare, con lucidità di pensiero, ascolto e interazione, un salto di qualità nella percezione dell’urgenza”. “Il tempo si è fatto breve”, ha osservato, “non sono le parole di un pazzo profeta apocalittico, ma il messaggio che oggi la razionalità scientifica porta con sé e che invita a cambiare rotta dinanzi al profilarsi di una devastante tempesta perfetta”.
Le parole dell’Evangelo, ha riflettuto Morandini, “sono sempre parole di speranza e queste siamo chiamati a pronunciare, ma a farlo in un tempo in cui non si può farlo in modo ingenuo. In questo tempo la speranza terrà gli occhi aperti sulla realtà contraddittoria di un tempo difficile; sosterrà pratiche di resistenza e di progettualità; darà la forza tenace che non abbandona il campo perché troppo arduo. Ci ricorderà che, se non sta a noi compiere l’opera, tuttavia non siamo liberi di sottrarcene. Insieme coltiviamo questa speranza, attraverso la ricchezza delle nostre tradizioni e delle nostre Chiese; insieme facciamola operare come fermento vitale per la cura della casa comune”.