Chi raccoglie l’appello? La Memoria nel tempo della “Grande Depressione”
La memoria va in soccorso del presente perché non si chiuda in sé stesso, perché usi il realismo non per spegnere sogni ma per aprire cantieri dove costruire futuro.
“C’è un quadro sociale, culturale e psicologico della società italiana dominato da ciò che chiamerei Grande Depressione. Ovvero un progressivo impallidire e illanguidire della voglia di vivere, un affievolirsi degli stimoli vitali, un appassire delle aspettative”.
E’ una considerazione, forse troppo amara ma non troppo distante dalla realtà, di Luigi Manconi, osservatore dei fenomeni sociali e dello stato dei diritti umani, apparsa nei giorni scorsi su un quotidiano nazionale sotto il titolo “Grande depressione: il rischio italiano”.
“Nell’arco degli ultimi mesi e, c’è da temere, dei prossimi anni – aggiunge Manconi – si è assistito e si assisterà a una riduzione drastica dell’idea di futuro. Ovvero del sistema delle Promesse e delle Speranze, Prevalgono nel migliore dei casi, sentimenti tiepidi, qualcosa di simile a ‘passioni tristi’…”.
Lo scenario in cui tutto questo sta avvenendo è puntualmente raccontato dai media ed è ben noto, non ha bisogno di esemplificazioni. È uno scenario a cui ogni giorno si aggiungono fatti e notizie che appesantiscono una diffusa sensazione di incertezza e di timore.
Sembra prevalere la ricerca di un riparo fatto di realismo contrapposto a visione per non essere colpiti dalla tempesta.
Tutto questo accade mentre la memoria ripropone una pagina di storia di distruzioni e di indistruttibile speranza.
Nel “Giorno della memoria” che va oltre le 24 ore si sono levate molte voci a dire che c’è un filo che unisce due stagioni tra loro non distanti nel tempo e nello spazio.
La scrittrice Edith Bruck, sopravvissuta alla Shoah, parlando dei giovani incontrati nelle scuole dice: “Ci sono ragazzi di 15-16 anni che scrivono delle lettere inimmaginabili e per questo farò un nuovo libro che si chiamerà I frutti della memoria in cui racconto le lettere degli studenti e le mie risposte. Qualcosa resta e non morirà tutto con noi, sopravvissuti nel buio, c’è sempre una piccola luce anche nei momenti più bui”.
La memoria va in soccorso del presente perché non si chiuda in sé stesso, perché usi il realismo non per spegnere sogni ma per aprire cantieri dove costruire futuro.
A prendere la parola sono stati e sono uomini e donne che attraversata la notte raccontano come sono riusciti a tenere viva la speranza.
Ne parlano soprattutto nelle scuole con ragazzi e giovani che ascoltano, fanno domande e pensano. Anche loro sono nella fatica e nell’incertezza dell’oggi ma più di altri raccolgono l’appello della memoria a farsi argine contro la “Grande depressione”.