Ambiente e futuro al Festival della Tecnologia. I droni sui campi
Chi ha provocato un male può anche combatterlo, anche in campo ambientale.
“La tecnologia ha causato il cambiamento climatico e proprio la tecnologia sarà in grado di scongiurare il peggio”. Ad affermarlo, al Festival della Tecnologia che si è tenuto dal 7 al 10 novembre a Torino, è Antonio Navarra fisico e dirigente di ricerca dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. In altre parole, dice il ricercatore, chi ha provocato un male può anche combatterlo.
Ovviamente questo sarà possibile se l’uomo saprà utilizzare la tecnologia senza ritenerla l’unica risorsa in grado di dare tutte le risposte alle domande su un futuro senza sconvolgimenti climatici.
Navarra non indica un percorso facile e neppure di breve durata.
“Il clima – afferma – funziona su tempi lunghi e quindi gli effetti degli interventi di oggi si dovranno valutare nel tempo: i decisori politici saranno chiamati a scelte importantissime e complesse, i cui benefici saranno visibili soltanto nel lungo periodo”.
Sembra di sentire la voce di Greta Thunberg che qualcuno ha mediaticamente deriso e qualche altro ha ingigantito senza riflettere più di tanto sulla portata di un allarme documentato dalla scienza e sul senso di un futuro che un movimento di giovani sta chiedendo con insistenza.
Ma anche sembra riecheggiare il richiamo della Laudato si’ all’ecologia integrale “che comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali” e che non esclude l’apporto della tecnologia nella ricerca di soluzioni efficaci. “Mai l’umanità – scrive papa Francesco nella lettera enciclica sulla cura della casa comune – ha avuto tanto potere su sé stessa e nulla garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se si considera il modo in cui se ne sta servendo”.
La preoccupazione sull’uso distorto della scienza e della tecnologia è documentata ma il Papa non si chiude affatto nel pessimismo.
Antonio Navarra, a sua volta, propone un segno di speranza. “Immaginate – dice –flotte di droni che ispezionano i campi coltivati misurando il grado di umidità metro per metro, permettendo così di aggiungere acqua solo là dove essi rilevano una zona secca. Un bel risparmio!”.
Potrebbe sembrare troppo debole questo esempio e la domanda vola alla politica e alla cultura, come sta facendo il movimento dei giovani, per richiamarle alle loro responsabilità nell’orientare scienza e tecnologia alla cura della casa comune.
Non si tratta di dare spazio a una nostalgia sterile e di negare o sminuire progressi e risultati. Si tratta di sostenere una tecnologia alleata dell’ambiente capace cioè, dopo gli errori compiuti, di cambiare la direzione della storia.