Alla ricerca di prospettive per la natalità. La crisi della natalità con i nuovi e gravi dati stimati dall'Istat
Il perdurare da decenni, ormai, del crollo della natalità sembra incontrastabile e sta erodendo le fondamenta del futuro del Paese in modo silenzioso e costante.
In Italia per la prima volta si affronta una campagna elettorale durante il periodo estivo. C’è un tema che dovrebbe essere centrale e andrebbe dibattuto accanto a quelli aggravati dalle emergenze della guerra e del Covid: la crisi demografica.
Il perdurare da decenni, ormai, del crollo della natalità sembra incontrastabile e sta erodendo le fondamenta del futuro del Paese in modo silenzioso e costante. Secondo le stime Istat, dopo l’ulteriore record negativo registrato nel 2021, neanche nel 2022 potremo vedere un’inversione di tendenza: i dati provvisori del primo trimestre del 2022 mostrano che a marzo il numero dei nuovi nati è diminuito – ancora – dell11,9% rispetto all’anno precedente. Il suono di sottofondo non è più quello di una campanella dall’allarme, ora siamo alla sirena fissa. Il percorso che si presenta di fronte a noi, perseverando su questa strada è lo spopolamento e l’insostenibilità del sistema di welfare e di quello economico tra qualche anno. Chissà se il tema riceverà attenzione durante i dibattiti elettorali. Chissà se i politici avranno il coraggio di alzare l’asticella del confronto per discutere di problemi che vadano oltre il quotidiano: perché avere un ruolo di guida significa fare vedere un orizzonte non solo tappare una buca. Crisi delle materie prime, crisi sanitaria sono gravi ma problemi congiunturali, invertire la tendenza dei tassi di natalità è una questione strutturale e fondamentale per offrire una prospettiva al paese.
Qualcosa nell’ultimo periodo è stato fatto: l’assegno unico per i figli e il complessivo Family Act vanno verso quella direzione. L’intento è riformare i congedi parentali, in modo che tutte le categorie di lavoratori possano usufruire di congedi di paternità obbligatori; incentivare il lavoro femminile promuovendo il lavoro flessibile; sostenere le famiglie nelle spese scolastiche, per le attività sportive e culturali; aiutare i giovani sotto i 35 anni per promuovere la loro indipendenza economica. A queste misure vanno aggiunti gli investimenti previsti nel PNRR per ampliare l’offerta dei servizi educativi per l’infanzia.
Tutte queste misure sono una traccia per innestare una politica di sostegno alle famiglie, ma non saranno sufficienti se non si passerà una cultura che ripartisca la fatica dei carichi di cura, che valorizzi l’apporto delle donne nel mondo del lavoro e non le sfrutti, evitando di sovrapporre la flessibilità alla precarietà, che lasci i giovani diventare adulti con le loro responsabilità e la loro libertà con la scusa di considerarli sempre in prova. Per cambiare rotta i cittadini che aspirano a costruire una famiglia dovranno avere fiducia che non saranno lasciati soli e per questo il ruolo della politica rimane essenziale.