A confronto con Marta di Betania
Il modo di agire di Marta è diffuso oggi tra noi, soprattutto quando dimentichiamo che ovunque c’è uno spazio sacro da rispettare e quando non ci lasciamo illuminare dal senso della nostra vita, Gesù e il Vangelo. Solo coltivando la relazione con il Signore e accogliendo la sua Parola, possiamo dare spessore alla nostra esistenza e riconoscere quella di chi incontriamo, umanizzando così la terra già abitata da Dio
Siamo immersi in un tempo di cambiamenti e i diversi eventi non sempre sollecitano in noi degli interrogativi, soprattutto perché spesso non siamo consapevoli di alcuni atteggiamenti che attraversano la nostra esistenza. L’individualismo, il narcisismo, l’autoreferenzialità, la ricerca di notorietà, il protagonismo, la continua contrapposizione tra individui ecc. stanno distruggendo la custodia del noi e del bene comune. Inoltre l’uso non regolamentato dei social e l’utilizzo indiscriminato dell’intelligenza artificiale soppiantano, talvolta, la dimensione umana, atrofizzando la capacità relazionale ed esautorando la ricerca, la riflessione, la creatività.
Illuminante per l’oggi può essere l’esperienza di Marta di Betania (Lc 10, 38-42). Gesù, lungo il viaggio verso Gerusalemme, si ferma presso la casa dei tre fratelli, Marta, Maria e Lazzaro, con i quali ha un rapporto familiare. Egli prova affetto per loro, infatti scoppia in pianto alla morte di Lazzaro (Gv 11,35).
Marta, la sorella maggiore del gruppo, amministra la casa e, quindi, accoglie Gesù con i suoi discepoli nella sua casa. Nel Vangelo si nota che Marta è affannata, è ansiosa, perché tutto si svolga perfettamente. Vuole essere attenta verso Gesù, ma ha paura di non saper offrire in modo efficiente una degna ospitalità.
“Distolta per i molti servizi”, sembra perdere il motivo della visita, è come se Gesù fosse andato solo per consumare un pasto, infatti dice: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”.
Marta non sembra avere una visione globale della situazione, non si ascolta e non ascolta… è assente! È preoccupata per ciò che deve fare, per essere apprezzata da Gesù. Struttura il suo tempo con le cose da fare, ha paura di fermarsi e pretende che anche gli altri la riconoscano in questo. Vive l’azione fine a se stessa, sperimenta l’isolamento e l’abbandono, la paura e la rabbia. Non si nota la ricerca di un’alternativa per risolvere il disagio del momento, anche attraverso il dialogo.
Fa dipendere il valore di sé unicamente dal successo del pranzo e quindi dal riconoscimento dei suoi manufatti, mettendo in secondo piano lo stare con Gesù. Marta va in confusione e si rivolge a Gesù con un senso di pretesa, indirizzando un messaggio indiretto a Maria che, secondo lei, sembra non preoccuparsi della situazione. Ma il Signore la chiama affettuosamente per nome due volte, cercando di svegliare in lei il desiderio di tornare a ciò che è essenziale nella sua vita, la relazione con Lui e con gli altri:
“Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”.
Gesù l’aiuta a capire ciò che è veramente importante nella vita, la invita a guardare Maria, sua sorella, che ascolta e dà valore allo stare con Lui e si autocomprende. La porta a scoprire che non si può vivere costantemente in un vortice, lasciandosi assorbire solo dalle molte cose da fare.
Il modo di agire di Marta è diffuso oggi tra noi, soprattutto quando dimentichiamo che ovunque c’è uno spazio sacro da rispettare e quando non ci lasciamo illuminare dal senso della nostra vita, Gesù e il Vangelo. Solo coltivando la relazione con il Signore e accogliendo la sua Parola, possiamo dare spessore alla nostra esistenza e riconoscere quella di chi incontriamo, umanizzando così la terra già abitata da Dio.
Oggi, storditi dalla comunicazione digitale, non c’è posto per il silenzio, né per il contatto relazionale autentico… il Signore e gli altri spesso sono i grandi assenti nella nostra vita.
È urgente oggi superare lo steccato dell’individualismo per essere sempre con gli altri, vivendo alla presenza di Dio e coniugando la contemplazione con l’azione. Solo se scegliamo di mettere ordine nella nostra esistenza personale, possiamo divenire specialisti di relazioni umane. Da qui passerà la credibilità della nostra testimonianza di credenti.
Diana Papa