2018: il festival delle debolezze dell’anno politico
Per guardare avanti non possiamo che ripartire dalla consapevolezza delle debolezze, dai vincoli del buon governo, e soprattutto dalla falsificazione dei miti e delle certezze di un certo pensiero unico – economico, etico e dunque politico - che ci sta tutti impoverendo. Non possiamo che porci risolutamente dalla parte di quei due terzi o di quei tre quarti che vivono o esprimono un malessere sempre più radicato. Qui c’è ovviamente un ruolo anche per i cattolici, che avrebbero due importanti risorse: un pensiero critico e una conoscenza autentica, esperienziale, delle persone e delle cose. Un buon proposito e un impegno concreto da subito, per il prossimo anno
Forse non saremo tutti spaventati e incattiviti, come ha sintetizzato l’annuale rapporto del Censis, ma il libro di bordo di quello che Papa Francesco ha chiamato “cambiamento d’epoca” registra ancora quest’anno una buona dose di conflittualità e di smarrimento. Perché il conflitto può apparire l’antidoto più semplice allo smarrimento, anche se invece di risolverlo lo retro-alimenta alla grande. Un festival delle debolezze, insomma, l’anno politico che si sta concludendo, in Europa e in Italia. Mentre forse i grandi extra-europei possono esibire i muscoli, a mascherare la realtà delle cose.
Un anno con i puntini di sospensione, come dimostra la vicenda che lo inquadra, ovvero la Brexit, ancora avvolta nell’incertezza più totale.
Lo smarrimento inglese diventa così emblematico della politica contemporanea: una ricerca di emozioni, con un retrogusto di impotenza, fidando che le cose continuino nella sostanza ad andare avanti, assicurano quel che basta di un standard di benessere. Salvo bruschi risvegli alla prova dei fatti.
Così dall’altra parte della Manica spuntano a fine anno i gilè gialli, catarifrangenti, proprio perché non brillano di luce propria, ma riflettono la penombra circostante. Anche in Francia è emersa con chiarezza la società dei due terzi o dei tre quarti. Uno solo dei quali, quella maggioranza relativa che aveva eletto Macron, si auto-rappresenta soddisfatto. Il resto invece a torto o a ragione, è adirato, o spaventato, o emarginato, o comunque convinto di trovarsi in una di queste condizioni negative.
Ecco allora il laboratorio-Italia.
Il trend annunciato da tutte le rilevazioni, alla elezioni politiche del 4 marzo si è manifestato in termini numerici, dando origine ad un inedito governo “del contratto”, oggi alla prova della concretezza dei fatti. Che non fanno, come si sa, sconti a nessuna propaganda.
Le prossime elezioni europee di maggio, pure di inedito rilievo, assomiglieranno probabilmente a molte delle elezioni negli stati, sostanziale confusione nel frastuono dei discorsi roboanti. Con il risultato della necessità comunque di un pratico arrangiamento, un po’ come in Germania, che continua ad essere un riferimento sicuro: dopo il risultato complicato delle elezioni del settembre 2017, con lenta pazienza nel marzo di quest’anno si è formato il quarto (e ultimo) governo Merkel.
Per guardare avanti non possiamo che ripartire di qui, dalla consapevolezza delle debolezze, dai vincoli del buon governo, e soprattutto dalla falsificazione dei miti e delle certezze di un certo pensiero unico – economico, etico e dunque politico – che ci sta tutti impoverendo. Non possiamo che porci risolutamente dalla parte di quei due terzi o di quei tre quarti che vivono o esprimono un malessere sempre più radicato. Qui c’è ovviamente un ruolo anche per i cattolici, che avrebbero due importanti risorse: un pensiero critico e una conoscenza autentica, esperienziale, delle persone e delle cose. Un buon proposito e un impegno concreto da subito, per il prossimo anno.