Spendiamo energie a “curarci”, anche questa è spiritualità
Quale consapevolezza di noi che siamo nati non per caso e viviamo sempre sotto lo sguardo d’amore di Dio, anche quando ce ne dimentichiamo? Dove stiamo andando?
Nella fortunata estate 2019 sono riuscito a vivere una settimana di esercizi spirituali a Camaldoli. Ad amici poco esperti di situazioni simili ho spiegato: per noi preti è come per una donna di casa, abituata alla quotidianità delle faccende domestiche, stare in hotel servita di tutto punto; a Camaldoli trovi pronta anche la messa e la liturgia delle ore, basta unirsi con spirito libero e gioioso. Fa bene stare in silenzio, pregare in comunità, commentare ai pasti (ottimi) quanto detto dal predicatore, passeggiare in silenzio lungo i sentieri di montagna, meditare sulla parola di Dio. Favoriti anche dal fatto che lì la linea telefonica è debole e quindi i “pensieri” di casa possono essere tenuti lontani. Un’igiene mentale prima ancora che un impegno spirituale.
Di solito, nei normali giorni di lavoro, siamo quasi tutti connessi, cerchiamo le occasioni per stare in contatto con le persone, teniamo fisso lo sguardo sullo smartphone, magari ci agitiamo per inventare il selfie più originale, continuiamo a cliccare “like”, intasiamo le chat di immagini e commenti… Di fronte alla folla di emozioni che galvanizzano o disorientano, abbiamo spesso paura del silenzio, anche se percepiamo che proprio questa esperienza permette di rimanere connessi con la profondità della nostra esistenza e in ascolto del “mistero” dell’altro. Spesso, ahinoi, il senso della presenza di Dio nella nostra storia, la preghiera, la Parola rischiano di finire all’ultimo posto, nella giornata e nel calendario degli impegni annuali.
Invece la spiritualità resta fondamentale per vivere da cristiani, tanto più in contesti sociologicamente (e talora ecclesialmente) poco favorevoli. Una spiritualità fatta di preghiera e ascolto della Parola, di celebrazione comunitaria (la domenica, soprattutto) e impegni di carità. Una spiritualità, per la maggioranza, di cristiani laici impegnati a testimoniare il vangelo nella quotidianità, con credibili sintesi tra fede e vita.
Nell’anno pastorale non ci saranno nuovi Orientamenti ma si rifletterà, con finalità formativa più che operativa, sul battesimo. È troppo semplice e scontato? Non so… certamente è bello, perché il battesimo domanda di andare all’essenziale dell’essere cristiani, è la radice, l’avvio di tutto, la base comune. Da lì si può iniziare per dare senso al cammino presente – in qualsiasi stato e situazione di vita – attraverso una maggiore consapevolezza personale, si può rilanciare il futuro – in chiave autenticamente vocazionale, di risposta al Padre della vita – attraverso la scoperta di una nuova appartenenza al Signore Gesù. Dal battesimo tutto è partito, tutto può ripartire.
Una spiritualità autenticamente battesimale integra l’essere in questo mondo come creature amate e come persone umane (che è di tutti) con il diventare uomo/donna secondo l’immagine di Gesù, il Figlio primogenito: essere cristiani è convocazione, cioè chiamata comune, a vivere in Cristo, a essere conformi a lui, prototipo di umanità. Così diventa “ovvio” (inevitabile, vorrei dire) accogliere il grande impegno indicato da papa Francesco, esplicato – come annota Enzo Bianchi a proposito del Sinodo sull’Amazzonia – in «tre orizzonti: all’interno della Chiesa, la sinodalità; con tutta l’umanità, la fraternità; e, guardando a tutto il mondo e all’intera creazione, il problema ecologico e della giustizia. Tre sfide, tre orizzonti del terzo millennio, che il papa con profezia ha saputo individuare e indicarci».
Al termine delle vacanze si ritorna alla vita di sempre, dove tutto pare scandito dal ritmo incalzante dell’agenda, con il tempo che non basta mai: ma che senso ha tutto questo e dove ci porta? Quale consapevolezza di noi che siamo nati non per caso e viviamo sempre sotto lo sguardo d’amore di Dio, anche quando ce ne dimentichiamo? Dove stiamo andando? Quali obiettivi vogliamo raggiungere e come si sposano con il vangelo? Qual è il senso vero della nostra vita, che illumina ogni tempo, impegno e fatica? Come siamo connessi con la nostra vocazione cristiana? Rispondere a queste domande – o almeno porsele – è metterci in gioco e uscire dal vortice, è dedicare energie alla cura di sé e del bene comune. È già spiritualità.