Zaia dopo il maltempo: "Non solo dobbiamo fare presto, ma dobbiamo anche fare bene"
“Mi hanno spiegato che stavano cadendo 80 centimetri d’acqua per centimetri quadrato, 2.500 metri cubi al secondo, e il vento soffiava a 200 chilometri”. Il governatore della Regione Veneto Luca Zaia ripercorre l'ultima emergenza maltempo. "Presto di nuovo commissario per la ricostruzione". E invoca lavori sul Piave.
“Incrociare gli sguardi degli anziani di Rocca Pietore mentre l’elicottero atterrava mi ha creato un misto di dolore e orgoglio. Vederli raccogliere con quegli sguardi vuoti l’acqua e il fango, lentamente, con pale e secchi. Uno sforzo immane, era come svuotare il mare con un secchiello. Uno sforzo fatto con immensa dignità, con un senso autentico di comunità”. Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, ricorda così il suo primo arrivo nelle Dolomiti devastate dal vento e dall’acqua dal 29 al 30 ottobre. Ricorda i sorvoli sul fiume Piave con l’ansia della portata d’acqua che cresceva di ora in ora.
“Mi hanno spiegato che stavano cadendo 80 centimetri d’acqua per centimetri quadrato, 2.500 metri cubi al secondo, e il vento soffiava a 200 chilometri”. Zaia ricorda un padre che da Agordo è salito a piedi fino a Rocca Pietore, dove la figlia stava trascorrendo un periodo di riposo. “Alla fine è arrivato e l’ha ritrovata sana e salva al secondo piano della casa, ci ha rimesso due automobili, sommerse dal fango, ma ha salvato la vita”. Sono tanti i ricordi di quei giorni, che ancora affollano la mente del Governatore. “C’era da perdersi d’animo, ma in quei giorni sapevo che dovevo agire per il bene delle popolazioni che amministro. Hanno cominciato a criticarmi fin da domenica 28 ottobre, dicendo che era esagerata la chiusura della scuole. Figuratevi cosa mi importava delle critiche. Mi importava, invece, di non ripetere il dramma del 2010, con le esondazioni di Padova e Vicenza. Anche quando lunedì sera il cielo era pieno di stelle e io invece avevo fatto chiudere le scuole di tutte le province, ho ricevuto critiche. Pur avendo fatto tutto il possibile, in particolare 411 milioni di euro investiti a tutela dalle inondazioni, non ho voluto prendermi nessun rischio. Mi importa poco di aver avuto ragione: adesso devo pensare alla ricostruzione”.
Il dramma dei boschi
Quasi meccanicamente Zaia snocciola i numeri di un disastro che non si ricorda nella storia del Veneto. “Su di noi si è abbattuta una tempesta perfetta. Pioggia e vento assieme. Subito abbiamo avuto 160mila persone senza elettricità. Dovunque tralicci accartocciati, acquedotti spazzati via dalle frane, cento chilometri di strade che non ci sono più, e centinaia di chilometri di strade forestali impraticabili. E poi il bosco. Un dramma nel dramma”. Dall’elicottero vedeva un paesaggio lunare, con abeti abbattuti e tronchi spezzati, le cui schegge puntavano senza vita ancora verso il cielo. Del verde nessuna traccia, solo fango. “Il conto è pesante. Sono centomila gli ettari di bosco andati perduti. Abbiamo le foto satellitari che sono chiarissime, adesso stiamo pensando di adottare un software che ci permetterà di contare gli alberi caduti. Non abbiamo tanto tempo, perché dopo un anno cominceranno a diventare neri, saranno attaccati dai parassiti e ci sarà poco da fare. Ci vorrà molta manodopera per cui penso che, alla fine, potrebbero intervenire anche ditte straniere. Potremmo riaprire segherie chiuse: qui però la palla passa ai privati, sono loro che devono partecipare ai bandi che presto faremo. A me tocca metter in fila tutte le necessità, tutte le procedure, mettere a disposizione i fondi, poi devono essere protagonisti gli operatori del settore”.
Lunghe procedure
Ecco, le procedure, un altro problema. “Se non fossimo un Paese complicato potrei parlare di tempi e scadenze. Purtroppo in questo caso parliamo di proprietà private, di boschi demaniali, di strade da sistemare per arrivare nei vari punti e per quanto si snelliscano le procedure servono gare e appalti. Sono cose che non si fanno dall’oggi al domani. Credo che fra qualche giorno verrò nominato commissario straordinario per la ricostruzione e la risistemazione delle aree. Sarà la terza volta nella mia vita dopo quella del 2010 per l’alluvione e del 2012 per il terremoto del Polesine. Sarà un aiuto, ma non basterà a risolvere tutto. Ci vuole tempo”. Non possiamo non ricordare i dubbi sull’avvio della stagione sciistica e del turismo invernale. Su questo però, Zaia è categorico e non lascia spazio a dubbi o cedimenti. “L’8 dicembre sarò sulle piste per avviare la nuova stagione. Sono una schiappa a sciare, ma quest’anno prometto di inforcarli ed essere fra i primi a scendere le nostre valli innevate. Non posso dimenticare che il nostro territorio è un’immensa «fabbrica turistica». Viviamo di questa risorsa e rappresenta il vero argine allo spopolamento, ogni anno lasciano in mille le valli e le montagne. Non solo dobbiamo fare presto, ma dobbiamo anche fare bene”.
Piave: presto i lavori
I fondi non dovrebbero mancare, già sono stati stanziati 250 milioni di euro dal Governo, per coprire però l’intera stima dei danni serve almeno un miliardo. A chi lo critica per aver trascurato il grande fiume del Veneto, il Piave, affermando che le quantità d’acqua che hanno interessato il fiume non sono quelle del 1966, risponde: “Sono persone che non hanno visto i pluviometri in quei giorni, non hanno visto le curve di carico, i grafici in tempo reale. Basterebbe andare a vedere dove è arrivata l’acqua nella Casa cultura Goffredo Parise a Ponte di Piave, ha superato il primo piano. Lavori ne abbiamo fatti e per la cassa di laminazione di Ciano del Montello sono già pronti 40 milioni di euro”. Lo ripetono tutti, gli alberi nell’alveo del Piave sono troppi, ogni volta che il fiume si ingrossa rischiano di essere trascinati contro i ponti e formare delle pericolose dighe. “E’ una valutazione di buon senso, eppure non possiamo intervenire. Le leggi ambientali ce lo impediscono. Il Piave è considerato un parco, d’estate e d’inverno, dobbiamo però renderci conto che non ha niente di secolare e che queste scelte sono solo un pericolo per tutti”.
Mariano Montagnin