Usa: gli studenti lasciano le classi per protestare contro la mancata riforma della legge sulle armi
In tutti gli Stati Uniti, alle 10 del mattino ora locale, gli studenti di circa 2.500 istituti hanno lasciato le loro classi per partecipare al National School Walkout, incuranti delle sanzioni dei presidi, delle assenze, delle note di demerito che si ritroveranno nel curriculum
(New York) Sono la generazione delle sparatorie di massa. E da gennaio ad oggi questa generazione è stata testimone di ben 20 attentati nelle scuole, quasi uno a settimana. Hanno visto compagni morti e feriti, hanno accompagnato il feretro dei loro docenti e a fianco delle loro classi c’è un monumento o un memoriale che ricorda una vita che non c’è più e che invece avrebbe dovuto occupare un banco, finire un compito, iscriversi al college, tornare a casa dai genitori. Invece un’arma, semiautomatica o artigianale, imbracciata troppo spesso da un compagno o da un giovane ha cambiato per sempre il destino e la storia di molti di loro. E proprio per questo che ieri in tutti gli Stati Uniti, alle 10 del mattino ora locale, gli studenti di circa 2.500 istituti hanno lasciato le loro classi per partecipare al National School Walkout, incuranti delle sanzioni dei presidi, delle assenze, delle note di demerito che si ritroveranno nel curriculum.
Sono usciti per strada, nel cortile, sul campo da baseball per un minuto di silenzio in memoria di tutte le vittime della violenza e per altri 13 secondi dedicati invece agli studenti e all’insegnante che 19 anni fa sono stati uccisi nella scuola di Colombine a Littleton, in Colorado. È la terza manifestazione nazionale organizzata dagli studenti delle scuole superiori a seguito della sparatoria alla Marjory Stoneman Douglas school di Parkland in Florida, dove lo scorso 14 febbraio morirono 17 tra alunni e professori. E proprio il preside di questa scuola, ieri, ha annunciato sanzioni disciplinari contro gli studenti che avrebbero aderito alla protesta, ma loro incuranti sono usciti in gran numero mentre il giorno prima 40 erano partiti per Colombine per aiutare in azioni di servizio, la modalità con cui ogni anno viene ricordata quella strage. Intanto in Florida, mentre in migliaia manifestavano, nella scuola di Forest High ad Ocala un ragazzo di 19 anni imbracciava un fucile e feriva uno studente, prima di essere fermato dalla polizia.
A ideare la manifestazione di ieri è stata una giovane sedicenne del Connecticut, Lane Murdock. Il sentimento di indifferenza provato a seguito della morte degli studenti in Florida l’ha convinta che qualcosa non andava e “ho capito che dovevo cambiare me stessa e avevamo bisogno di cambiare questo Paese. Come americani avremmo dovuto essere inorriditi e invece non lo eravamo più e questo è stato un segnale”. E così ha lanciato una petizione su Change.org che ha radunato attorno all’idea migliaia di coetanei, tutti nati dopo il massacro di Colombine, ma tutti determinati a mettere uno stop alla violenza.
“Le sparatorie di massa accadono troppo spesso in America, e siamo diventati insensibili alle notizie – scrivono sul sito della manifestazione – e dopo ogni sparatoria i media si occupano per una settimana della storia, i politici offrono i loro ‘pensieri e le loro preghiere’ e nulla cambia mai”. E così al grido di “Enough is enough” (“Il troppo è troppo”) hanno indossato magliette, bracciali, cartelli arancioni, il colore scelto per dire basta alla violenza, e hanno tenuto incontri pubblici nelle biblioteche, si sono recati negli uffici legislativi delle proprie città, hanno telefonato a senatori e deputati dicendo chiaramente che non tollereranno ancora l’immobilismo del Congresso e se i politici non agiranno con leggi adeguate, le elezioni di novembe decideranno del loro destino: andranno fuori.
Gli studenti chiedono di bandire le armi d’assalto e le riviste che le propagandano, di innalzare a 21 anni l’età di aquisto di un fucile: auspicano poi maggiori controlli sugli acquirenti e un congruo periodo di tempo che separi la data di acquisto da quella di consegna per consentire alla polizia di effetturae tutti i controlli necessari e infine consentire alle famiglie di presentare delle petizioni ai tribunali per rimuovere le armi da individui considerati a rischio. “Il governo federale può stabilire standard e pratiche sulla sicurezza delle armi applicabili a tutti gli Stati, ma anche gli Stati hanno la possibilità di approvare ulteriori misure per proteggere i propri residenti dalla violenza”, continuano a ribadire gli organizzatori sul sito web. “Gli adulti ci hanno deluso – spiega Lane – e quindi abbiamo preso noi le cose in mano” e annuncia che “gli scioperi non sono finiti, ma stanno solo iniziando”. Solo ieri, oltre 800 eventi si sono tenuti in tutti gli Stati.
Alla James Madison Memorial High School in Wisconsin è stato allestito un memoriale con i nomi delle 331 persone morte negli Usa solo nella prima settimana di gennaio. Gli studenti hanno poggiato fiori sui nomi delle vittime per ricordare quanti innocenti muoiono ogni giorno , consapevoli che “l’impatto di perdere una vita non sempre colpisce le persone nel modo in cui dovrebbe”. C’è stato anche chi, al momento di uscire dalla classe, si è trovato da solo e si è visto raggiungere poco dopo dal padre che lo sosteneva nella scelta.
E poi c’è stato chi aveva partecipato come unico rappresentante del suo istituto, alla marcia di Washington dello scorso 24 marzo, e oggi si ritrovava a fianco oltre 100 compagni. A Washington i manifestanti hanno marciato sul Congresso chiedendo di entrare in azione presto, mentre a New York circa 5.000 partecipanti si sono sdraiati sulle piastrelle di Washington Square fingendosi morti.
Tutti hanno protestato consapevoli che questa assenza sarà non giustificata e che per alcuni si tradurrà nel tornare a scuola il sabato. Crystal Febrillet, uno dei manifestanti, ha dichiarato ai microfoni di Cnn che la loro protesta è simile a quella degli abolizionisti: “molte persone hanno protestato per cose in cui credono fermamente ed oggi erano qui facendo quello che sentivano di dover fare per far sentire la propria voce”.
Intanto il 19 maggio è stata annunciata una nuova protesta, ma prima si chiede che ciascuna scuola organizzi un incontro per discuterete dell’impatto che le sparatorie di massa stanno avendo su una comunità e creare, in tal modo, un elenco di priorità da affrontare. “Vogliamo immaginare un futuro libero dalla violenza armata”, ha concluso Lane. E non è la sola a volerlo tale.
Maddalena Maltese
da New York