Una scuola “nuova”. Cosa voglia dire “scuola nuova” è facile che ciascuno lo interpreti diversamente
La scuola, con le sue proprietà specifiche, aiuta la famiglia in quel compito (“dovere e diritto”) affidatole dalla Costituzione di “istruire e educare” i figli.
Non c’è pace per la scuola. E di fronte a questa affermazione si potrebbe domandare: dov’è la notizia? Sottintendendo, con ragione, che la scuola è da sempre un mare agitato, per i più diversi motivi: dalle riforme alle rivendicazioni sindacali, dalle questioni legate alla partecipazione di studenti e famiglie a quelle relative a formazione e assunzione dei docenti, per arrivare alle problematiche recenti tra Dad e presenze come a quelle ultime – ma ricorrenti, a ben vedere – sull’esame di maturità.
Tutti hanno da dire e tante sono le ragioni – buone e meno buone – che si intrecciano sui temi della scuola. Con un denominatore comune: c’è sempre qualcosa che non va.
Gli studenti sono scesi recentemente in piazza perché non vogliono la seconda prova della maturità così come prospettata dal Ministero, che peraltro ha spiegato di essere mosso dalla volontà di tornare “alla normalità”, a una scuola che funzioni bene dopo i guai della pandemia. È la medesima esigenza che agitano un po’ tutti, ma evidentemente poi non è facile trovare gli accordi sui modi concreti di restituire la normalità o, meglio, sempre per usare le parole del ministro Bianchi, di costruire la “nuova scuola” di domani.
Così, infatti, si è espresso il titolare di Viale Trastevere incontrando nei giorni scorsi il coordinamento nazionale delle Consulte studentesche, ribadendo la necessità di collaborazione e di un confronto stabile con la componente degli studenti: “Va costruita insieme – ha detto tra l’altro il Ministro – quella nuova scuola che voi dovete poter frequentare e che deve poter frequentare chi verrà dopo di voi”.
In una nota il Ministero precisa che i rappresentanti degli studenti hanno elencato i temi su cui intendono confrontarsi. Tra questi ci sono naturalmente gli Esami di Stato, “ma anche l’insegnamento dell’Educazione civica e di quella ambientale, lo sport, la riforma dell’Istruzione tecnica e professionale”. Non è mancato l’accenno al Pnrr, ai temi dell’orientamento, della valorizzazione dei territori, anche attraverso eventi dedicati. In particolare, a proposito degli esami – sullo sfondo la contestazione per la maturità – Bianchi ha spiegato le ragioni che hanno portato a rivedere le procedure, con la reintroduzione della seconda prova. “Non dobbiamo avere paura di tornare progressivamente verso la normalità. Una nuova normalità”, ha detto il Ministro, accennando a una prospettiva di “revisione complessiva del sistema” e di “scuola nuova”, di cui “c’è urgente bisogno”.
Cosa voglia dire “scuola nuova” è facile che ciascuno lo interpreti diversamente. Alcuni punti fermi però si potrebbero cercare, magari ricordando le lezioni del passato. Il primo resta la centralità degli studenti: la scuola è per loro, per aiutarli a crescere e diventare protagonisti del mondo che li circonda. La scuola, con le sue proprietà specifiche, aiuta la famiglia in quel compito (“dovere e diritto”) affidatole dalla Costituzione di “istruire e educare” i figli. Cosa ne viene anzitutto? La necessità di una partecipazione/collaborazione scuola/famiglia, a dire il vero oggi sempre più difficile. Ma anche la necessità di una istituzione davvero inclusiva, che accolga tutti e permetta a ciascuno di sviluppare le proprie capacità.
Si potrebbe, a partire da questa cornice, entrare in tanti dettagli del quadro che ha senz’altro ha un alto grado di complessità. Per questo, una volta di più, la ricerca di “fare insieme”, cercare soluzioni condivise, dialogare e confrontarsi – dalle stanze di Viale Trastevere alle aule e anche alle piazze delle proteste – è un’esigenza imprescindibile. Sarebbe davvero il primo passo per la “scuola nuova”.