Terzo settore, il sottosegretario del governo giallorosso è Stanislao Di Piazza
Il senatore palermitano del M5S arriva al ministero del Lavoro e Politiche sociali insieme alla dem Francesca Puglisi: sarà lui a gestire la partita della riforma del terzo settore. Un lungo passato in Banca Etica, è stato nell’ultimo anno uno dei principali interlocutori del non profit dentro il Movimento
ROMA – Sarà Stanislao Di Piazza, 62 anni, palermitano, senatore del Movimento 5 Stelle, l’uomo che per il governo giallorosso seguirà – dal ruolo di sottosegretario - la complessa pratica dei rapporti con il mondo del non profit e la complicata partita della effettiva realizzazione della riforma del terzo settore. Per l’ufficialità delle deleghe occorrerà attendere ancora un po’, ma l’esponente pentastellato è destinato a ricoprire un ruolo cruciale all’interno del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Con lui, come sottosegretario è stata indicata – in quota Pd – anche la ex senatrice Francesca Puglisi, a lungo in passato (sotto le segreterie di Bersani e Renzi) responsabile scuola del Partito e nella parte finale della scorsa legislatura presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio. Entrambi lavoreranno dunque affiancando Nunzia Catalfo, titolare del dicastero.
"Steni" Di Piazza - come è anche conosciuto - è, all’interno del Movimento 5 Stelle, uno dei maggiori conoscitori di terzo settore, non profit e solidarietà organizzata. Vicepresidente della Commissione Finanze al Senato, ruolo strategico per tutte le manovre economiche, è stato un punto di riferimento e un mediatore – nel corso di questa legislatura – in tutte le circostanze, e non sono state poche, in cui fra governo gialloverde M5S-Lega da una parte e terzo settore dall’altro è salita la tensione. Non solo per mettere “le pezze” laddove serviva, ma per spiegare, comprendere, ragionare. Quando nella legge di bilancio approvata a dicembre 2018 spuntò fuori l’aumento dell’Ires per il non profit, Di Piazza si adoperò per la successiva correzione di quel provvedimento, rimarcando che la strada da percorrere – lavorando in modo condiviso con il settore – fosse (ed è tuttora) quella di un sistema di incentivi fiscali che premiano solo chi fa attività veramente sociali: “Vogliamo – disse in quei giorni complicati - che il settore del non profit e del volontariato sia sostenuto da agevolazioni fiscali, ma soltanto per quelle attività che hanno un effettivo ritorno sul territorio, senza furbizie”.
Professionista di lungo corso, un’avventura politica già all’inizio degli anni ’90 come consigliere comunale a Palermo nelle file della Democrazia Cristiana, Di Piazza è stato direttore della filiale di Banca Etica di Palermo e referente per il sud di Etica sgr, la società di gestione del risparmio del Gruppo di Banca Etica, che gestisce fondi comuni di investimento “socialmente responsabili”. Un modello di economia, quello vissuto da Di Piazza, pensato come un luogo aperto alla solidarietà e alla reciprocità: non l’economia capitalistica che tende alla massimizzazione del profitto, ma un’economia civile che guarda prima all’uomo e poi al capitale.
Un retroterra culturale che, dopo l’avvicinamento al Movimento 5 Stelle (avvenuto proprio in virtù della donazione, da parte dei consiglieri regionali M5S, di un milione di euro che, tramite fondi di garanzia, sono stati erogati da Banca Etica per operazioni di microcredito a piccole e medie imprese siciliane) e l’elezione in Parlamento nel marzo 2018, Di Piazza ha portato al Senato.
Poco più di un mese fa, il 9 agosto scorso, proprio all’indomani della frattura insanabile all’interno del governo gialloverde, in un intervento pubblicato da Avvenire, Di Piazza era fra i primi a rivendicare come il Movimento – pur sottoposto alle pressioni opposte della Lega di Salvini – avesse “tenuto duro su alcuni temi di interesse comune, temi come la dignità della persona, il lavoro, il Terzo settore, la legalità”. E, guardando al che fare nell’immediato, rilanciava la voglia di tutto il M5S di “sognare un cambiamento”, auspicando la creazione di un “governo del bene comune”. “Bene – argomentava - come il complesso delle cose desiderate che vorremmo per il Paese, e Comune, dal latino cum munus, che vuol dire fatto insieme ad altri affinché il Bene che vogliamo per il Paese sia realizzabile”.
Un esecutivo, scriveva Di Piazza il 9 agosto, a crisi di governo gialloverde appena scoppiata, che “metta al centro la Persona”, che ruoti intorno ad “un percorso culturale e giuridico che permetta di fare il bene del Paese attraverso percorsi condivisi”, iniziando dalla “riformulazione del Decreto Sicurezza, con il reinserimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari e la rivalorizzazione degli Sprar finalizzati a creare percorsi di integrazione vera per gli stranieri presenti nel nostro territorio”. E poi – fra le altre – indicava come prioritarie una “riduzione del cuneo fiscale” e “opere di green economy verso un’economia sostenibile che produce benessere umano ed equità sociale”, tutti temi che di lì a poco sarebbero diventati veri e propri punti programmatici del governo giallorosso. Quel governo giallorosso di cui ora Di Piazza, nuovo sottosegretario al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, è entrato a fare parte.