Quattro anni senza Giulio Regeni: la lotta per la verità non si ferma
Ieri, in tutte le piazze d'Italia, migliaia di fiaccole si accenderanno a sostegno della famiglia Regeni. Una fiaccolata, organizzata da Amnesty International, unirà l'Italia da nord a sud
ROMA - Quattro anni senza Giulio Regeni: quattro anni di depistaggi e di reticenze, quattro anni di battaglia per la verità. Una battaglia che non si ferma e che occuperà le piazze italiane in vista del quarto anniversario dalla sua scomparsa. Sabato 25 novembre, una fiaccolata, organizzata da Amnesty International, ha unito l'Italia da nord a sud esattamente alle 19:41, ora dell'ultima comunicazione da parte di Regeni. Oltre le piazze anche le scuole, di ogni ordine e grado, si sono unite alla manifestazione caricando sui social una foto di classe con il cartello, rigorosamente giallo, con scritto "Verità per Giulio Regeni"; cartello che, da quattro anni, campeggia su molti edifici istituzionali e non di molte città italiane.
Quattro anni fa, il 25 gennaio del 2016, Giulio esce dalla sua casa del Cairo per dirigersi a piazza Tahrir, ma non la raggiungerà mai perché scomparirà durante il tragitto a una fermata della metropolitana. Giulio Regeni era un ricercatore dell'università di Cambridge e si trovava al Cairo proprio per studiare il ruolo dei sindacati egiziani. Il suo corpo è stato ritrovato il 3 febbraio, lungo la superstrada tra il Cairo e Giza, seminudo e con segni evidenti di tortura. Vittima di sparizione forzata, una delle tante, purtroppo. Da quando Abdel Fattah al-Sisi è salito al potere, nel 2013, il numero di arresti extragiudiziali e sparizioni forzate è aumentato in maniera esponenziale. Insieme a Regeni ci sono migliaia di ricercatori, giornalisti e attivisti. Sparire nelle mani dello stato senza lasciare traccia, una tragica tendenza come rivela il rapporto di Amnesty International, da sempre vicina alla famiglia Regeni, intitolato: "Egitto: ‘Tu ufficialmente non esisti’. Sparizioni forzate e torture in nome del contrasto al terrorismo “.
Depistaggi, assenza; sin da subito la procura e le istituzioni egiziane sembrano non voler collaborare. Quattro, i finti depistaggi: incidente, omicidio passionale, spaccio di droga fino ad arrivare all'uccisione di cinque presunti sospettati dell'omicidio del giovane ricercatore, morti nel corso di uno scontro a fuoco. A casa di uno dei cinque viene ritrovato il passaporto di Giulio, che poi si scoprirà esser stato portato lì da un agente dei servizi segreti civili egiziani. Le indagini proseguono e con esse le reticenze della Procura del Cairo e delle istituzioni egiziane. In questi quattro anni molto si è scritto e detto ma senza arrivare ad una svolta concreta. Le poche notizie che si hanno sono frutto di un lavoro costante, portato avanti dalla Procura insieme a numerose organizzazioni per i diritti umani. Un passo in avanti è sicuramente il recente insediamento della Commissione parlamentare d'inchiesta guidata da Erasmo Palazzotto con lo scopo di ricostruire la verità storica e politica sull’uccisione di Giulio Regeni.
A quattro anni dalla scomparsa, Paola Deffendi e Claudio Regeni, i genitori di Giulio, decidono di raccontarlo in un libro: "Giulio fa cose." Una dedica, una raccolta di momenti familiari, un racconto umano di Giulio lasciando da parte, per un momento, la sua dimensione simbolica che da sempre lo fotografa come vittima; libro che termina con la frase: "Giulio fa cose, ma non può fare tutto lui." Paola e Claudio in questi anni non hanno mai smesso di chiedere verità e giustizia per l'omicidio del figlio sempre con la stessa discrezione e dignità che li ha accompagnati da quattro lunghi anni. Una lotta per la verità che si contraddistingue proprio per la loro forza e per la loro tenacia.