Nuova politica agricola europea, sfida aperta. Il dibattito nell’Ue sul futuro della Pac tocca un settore importante e per tutti
Il compito principale del vasto comparto agroalimentare nazionale è sempre lo stesso: produrre cibo sano e salubre.
L’Europa è ancora una volta alle prese con la riforma della Politica agricola comune (Pac). Certo, le cronache – occupate dal Covid-19, dalle tragedie innumerevoli oltre che dai fatti internazionali -, questa volta non vi prestano molta attenzione, ma il dibattito sul futuro della Pac è per l’Europa sempre uno dei passaggi cruciali. E non potrebbe che essere così visto il significato economico, sociale e ambientale del comparto al quale queste misure si rivolgono.
Pac, dunque, cioè una delle politica europee sulle quali la stessa Europa è stata costruita negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso e che, ancora oggi, costituisce forse uno degli ambiti nei quali l’Europa si “sente” di più e meglio.
Le cronache dicono di uno stallo nel negoziato tra Commissione e Consiglio. Se ne riparlerà a giugno, così da dare tempo ai mediatori di svolgere il lavoro necessario per avvicinare posizioni adesso ancora troppo lontane. Il tema, di fatto, è sempre lo stesso di goni negoziato: l’ammontare delle risorse messe a disposizione del settore per il sostegno dei mercati agricoli e gli interventi più strutturali. Tutto, questa volta, si intreccia poi con il Pnrr che dovrebbe prevedere fondi anche per l’agroalimentare colpito dalla pandemia come gli altri settori dell’economia.
Il traguardo da raggiungere, comunque, è piuttosto chiaro: un accordo che indichi come spendere circa 50 miliardi da qui al 2027. Di fatto tutti sono abbastanza d’accordo: serve l’intesa. “Auspichiamo che – dice per esempio Ettore Prandini, presidente Coldiretti – a tre anni dalla presentazione della proposta di riforma della Pac si possa al più presto raggiungere un accordo necessario per garantire regole certe e stabilità agli agricoltori per i prossimi anni, in termini di investimenti e programmazione, soprattutto in un periodo di incertezza e difficoltà di mercato a causa della pandemia”. Certo, occorre comunque farsi valere per non arrivare ad un accordo “a tutti i costi perché – precisa Massimiliano Giansanti, a capo di Confagricoltura -, la politica agricola dell’Unione deve continuare a sostenere un processo economico finalizzato a fornire ai consumatori cibo in quantità adeguate, sicuro e di altissima qualità”. Uno dei punti cruciali, tra l’altro, è quello dell’abbattimento della burocrazia unito alla “tutela dei redditi”. Tutti, però, si rendono conto delle difficoltà e quindi della necessità di “superare ogni forma di preclusione” come dice presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino, che aggiunge: “Gli agricoltori europei sono pronti a fare la propria parte per diventare sempre più sostenibili, con una Pac 2023-2027 più verde, ma senza dimenticare che la politica agricola comune è innanzitutto una politica economica che deve sostenere la produzione di cibo sano, sicuro e di qualità e garantire la tenuta e la crescita delle aree rurali”. Già, perché alla fine dei conti, il compito principale del vasto comparto agroalimentare nazionale è sempre lo stesso: produrre cibo sano e salubre. Obiettivo che può essere raggiunto solo con certezze e sicurezze che adesso mancano, come sottolinea anche Giorgio Mercuri presidente di Alleanza Cooperative Agroalimentari.
Tutto, poi, dovrà fare i conti non solo con il Pnrr ma anche con la concorrenza internazionale sempre più agguerrita (e spesso scorretta), così come con i cambiamenti climatici, con il mutare delle abitudini alimentari e dei redditi ma anche con la necessità di rispettare meglio e di più i diritti dei lavoratori e le aspirazioni di crescita delle imprese agricole.
Insomma, la sfida della nuova Pac è ancora apertissima. Ed è una sfida che interessa tutti, anche se pochi sembra vi prestino attenzione adeguata.