Nigeria, abbandonate dalle autorità le ragazze fuggite da Boko haram

È quanto denuncia un nuovo rapporto di Amnesty International che è riuscita ad intervistare 126 ragazze sopravvissute al rapimento. “Il governo nigeriano è venuto meno ai suoi obblighi di diritti umani di proteggere e sostenere adeguatamente queste ragazze”

Nigeria, abbandonate dalle autorità le ragazze fuggite da Boko haram

Detenute illegalmente in strutture militari e senza sostegno da parte delle autorità dopo matrimoni forzati, riduzione in schiavitù e violenza sessuale. Sono le ragazze fuggire dai loro sequestratori di Boko haram a cui è dedicato un nuovo rapporto Amnesty International intitolato “Aiutateci a ricostruire le nostre vite”. Amnesty International, infatti, ha accusato le autorità della Nigeria di aver abbandonato le ragazze che erano riuscite a fuggire dai loro sequestratori di Boko haram: dopo essere riuscite a liberarsi, molte ragazze hanno trascorso lunghi periodi di tempo nelle carceri militari, una prassi che solo negli ultimi anni è risultata meno diffusa. Altre sono state lasciate a sé stesse in campi per sfollati insieme ad altri milioni di persone necessitanti assistenza umanitaria: da quei campi, alcune sono finite in centri di transito dove sono state “riunite” a quei “mariti” di Boko haram che si erano arresi. Il rapporto si basa su 126 interviste, 82 delle quali a ragazze sopravvissute al rapimento, condotte nel nord-est della Nigeria o da remoto tra il 2019 e il 2024. “I crimini che le ragazze hanno subito sono destinati ad avere conseguenze di lungo periodo, tipiche della loro età e del loro genere – spiega una nota dell’organizzazione -: complicazioni di salute, mancato accesso all’istruzione, ostacoli al desiderio di contrarre un vero matrimonio e, per finire, stigma e rifiuto da parte delle famiglie e delle comunità di appartenenza”.

Il 4 aprile Amnesty International ha scritto alle autorità federali e statali nigeriane e agli uffici delle Nazioni Unite, inviando le principali conclusioni delle sue ricerche. L’esercito ha negato ogni accusa, sostenendo che nelle sue operazioni rispetta i diritti umani, e ha definito “intrinsecamente non credibili” le “fonti” di Amnesty International, che come sopra riportato, erano soprattutto le sopravvissute. L’Unicef ha risposto in via confidenziale. “Molte persone nel governo non si preoccupano di noi. Abbiamo bisogno di sostegno”, ha detto una delle ragazze, tornata libera nel 2021 all’età di 15 anni e che ora vive a Madagali, nello stato di Adamawa. Lo stigma di essere considerate “le mogli di Boko haram” resta ancora un forte ostacolo alla reintegrazione delle ragazze anche se, negli ultimi anni, la situazione è migliorata. Molte ragazze hanno raccontato che i membri delle loro comunità le insultavano, le guardavano con sospetto e mettevano in giro la voce che li avrebbero uccisi o li avrebbero infettati con malattie. “La comunità che ci ospita usa violenza nei nostri confronti, non ci dà nulla. Ci fanno sentire sempre un peso per loro”, racconta un’altra ragazza che vive in un campo per profughi interni con suo “marito”, un ex membro di Boko haram. “Il governo nigeriano è venuto meno ai suoi obblighi di diritti umani di proteggere e sostenere adeguatamente queste ragazze. Insieme ai loro partner internazionali, le autorità nigeriane devono aiutare queste ragazze a reintegrarsi completamente nella società dando priorità all’accesso alle cure mediche, all’educazione e alla formazione. Le ragazze devono ricevere l’assistenza di cui hanno bisogno per ricostruire le loro vite in condizioni di dignità e di sicurezza”, ha dichiarato Samira Daoud, direttrice di Amnesty International per l’Africa occidentale e centrale.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)