Morti in agricoltura: ecco perché lavorare nei campi è ancora pericoloso
In Lombardia cinque morti in agricoltura in due giorni. Pesano le piccole dimensioni delle aziende, scarsa cultura della prevenzione degli infortuni ed età media elevata tra i coltivatori diretti. Il 30 settembre manifestano Cgil, Cisl e Uil
MILANO - Aziende di piccole dimensioni, scarsa cultura della prevenzione degli infortuni ed età media elevata tra i coltivatori diretti. Sono questi alcuni degli aspetti critici in Lombardia che rendono pericoloso il lavoro dell'agricoltore. In due giorni sono morti cinque lavoratori. Ieri ad Arena Po, nel Pavese, quattro agricoltori deceduti (i due titolari e due dipendenti) nella vasca di raccolta dei liquami. Oggi nel lecchese, dove un giovane dipendente di un'azienda che alleva conigli è rimasto schiacciato nella pressa delle pelli. "L'età di chi gestisce un'azienda famigliare supera in media i 60 anni - spiega Oliviero Sora, segretario organizzativo di Fai Cisl Lombardia-. E i dipendenti sono spesso stranieri, che fanno fatica a entrare in un'ottica di prevenzione. Purtroppo fanno fatica anche a capire l'italiano e quindi anche eventuali istruzioni sull'uso di macchinari. Per questo è necessario investire ancora di più sulla prevenzione".
Secondo la Cisl Lombardia nel 2019 si è registrato un aumento degli incidenti in agricoltura (+7,27%) maggiore rispetto rispetto ai settori dell'industria e servizi (+1,76%), e per conto stato (+1,57%). Dati confermati anche dal trend nazionale, come documentato da Inail. A giugno 2019 il numero degli infortuni sul lavoro denunciati è diminuito dello 0,8% nella gestione Industria e servizi (dai 245.439 casi del 2018 ai 243.591 del 2019), mentre è aumentato dell’1,3% in Agricoltura (da 15.490 a 15.694). Gli infortuni mortali sono stati 22 in più (in totale 65) in agricoltura.
"C'è un buco legislativo che non favorisce la prevenzione e i controlli -aggiunge Giancarlo Venturini, della Flai Cgil Lombardia-. Nelle piccole aziende, che magari hanno uno o due dipendenti, non c'è l'obbligo di nominare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. E non è previsto nemmeno l'obbligo di vigilanza da parte di un rappresentante territoriale per la sicurezza". In pratica, in molte piccole aziende agricole il tema sicurezza e prevenzione non viene mai affrontato e né il titolare né chi lavora con lui fanno corsi.
Con il lavoratore deceduto a Lecco, sono 104 i morti sul lavoro registrati in tutti i settori in Lombardia. “Una situazione inaccettabile – hanno commentato Cgil, Cisl e Uil Lombardia, appena saputo dell'incidente nel pavese -. Chiediamo innanzitutto a Regione Lombardia, che ha la responsabilità della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, misure immediate per rafforzare un'attività ispettiva palesemente insufficiente, inadeguata, rispetto al grave peggioramento degli accadimenti infortunistici, e in particolare di quelli mortali”.
Il 30 settembre Cgil, Cisl e Uil manifesteranno in Piazza Città di Lombardia e chiederanno alla Regione di decidere l'impegno di spesa degli 8 milioni di euro (raccolti nel 2018 dalle Ats attraverso le sanzioni irrogate a seguito delle violazioni alle norme antinfortunistiche) rafforzando gli organici e i controlli nei luoghi di lavoro da parte dei servizi di prevenzione e sicurezza (Spsal) delle Ats.