Migranti, l’accordo di redistribuzione? Un passo avanti (con alcune criticità)
"Un meccanismo europeo automatico per una gestione strutturata del fenomeno migratorio" promettono Francia e Germania. Ma cosa cambia? E quali sono i rischi per l'Italia?
ROMA - Le parole d’ordine sono “redistribuzione”, “solidarietà europea”, “governance strutturata”. I paesi dell’Unione europea (Germania e Francia in testa) cercano l’accordo per arrivare a una “gestione strutturata e non più emergenziale del fenomeno migratorio”. Almeno per quel che riguarda gli arrivi via mare. La conferma è arrivata ieri dall’incontro tra il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e il presidente francese Emmanuel Macron. “La migrazione è un fenomeno complesso, noi italiani ne siamo molto consapevoli, è essenziale per l’Europa che volti pagina in direzione di una gestione strutturale non più emergenziale dei flussi migratori - sottolinea il premier italiano -. Dobbiamo far uscire il tema migratorio dalla propaganda e offrire una rigorosa risposta. Ho già avuto la piena disponibilità del presidente Macron per una soluzione finalmente europea, per un meccanismo europeo di sbarchi e per una gestione efficace dei rimpatri, ci confronteremo sulle modalità più concrete”. L’omologo francese, sulla stessa scia, ribadisce che “la risposta al fenomeno migratorio è nella costruzione di risposte europee efficaci”, per questo “per quanto riguarda il salvataggio in mare” deve essere previsto un “meccanismo europeo automatico di ripartizione dei migranti che consenta di garantire a Italia e Malta che le persone che arrivano siano prese in carico”. “Possiamo difendere questa posizione comune con la nuova Commissione europea - ha aggiunto Macron - perché tutti i paesi partecipino al meccanismo di solidarietà europea o, altrimenti, vengano penalizzate finanziariamente”.
Ma cosa prevede l’accordo di redistribuzione? Per ora i dettagli che si conoscono sono pochi, il resto verrà discusso il prossimo 23 settembre a La Valletta in un mini-summit a cui parteciperanno Germania, Francia, Malta, Italia e Finlandia. Quello che si sa con certezza è che questo primo tentativo di superamento del Regolamento Dublino (e della regola della gestione della domanda d’asilo nel primo paese di approdo) riguarderà solo gli arrivi via mare e non, per esempio, quelli via terra. Inoltre, l’adesione dei paesi europei sarà su base volontaria anche se saranno previste sanzioni per chi si tira fuori, come i cosiddetti paesi di Visegrad che hanno già annunciato un secco no. Sul tavolo restano poi due questioni dirimenti: la prima riguarda il funzionamento del meccanismo. Se sarà prevista (come nel caso del programma di relocation) nei paesi di primo approdo una preselezione delle domande per distinguere tra titolari di protezione internazionale e i cosiddetti “migranti economici” oppure se tutta la gestione delle domande avverrà nel paese di destinazione. La seconda questione riguarda il principio di porto sicuro “più vicino” come previsto dai trattati internazionali, ma che i paesi che si affacciano sul mare vorrebbero rimettere in discussione pensando a un meccanismo di rotazione di sbarco nei porti europei. Ma che sembrerebbe essere già stato escluso da Francia e Germania.
L’accordo, se venisse raggiunto, rappresenterebbe un primo passo verso il superamento del Regolamento Dublino. “Questa nuova proposta di redistribuzione fa seguito al precedente incontro franco tedesco: l’elemento innovativo è che, finalmente, la proviene dai governi, in questo caso da Francia e Germania - sottolinea Chiara Favilli, docente di diritto dell’Unione europea all’Università di Firenze, ricordando come una proposta simile è stata di recente appoggiata dal Parlamento europeo ma bocciata dal Consiglio europeo (che rappresenta appunto gli Stati). “E’ dunque un dato positivo che si sia riusciti a pensare a una soluzione condivisa e un grande passo avanti verso una significativa revisione di Dublino - aggiunge Favilli -. Dopo la stagione dei porti chiusi e del muro contro muro, mi sembra che questa sia una proposta ragionevole, anche per stemperare le tensioni tra gli Stati. Inoltre riguarda chi entra a seguito di un’operazione di ricerca e soccorso in mare: l’ingresso in questo caso avviene dopo che lo stato ha ottemperato a un dovere sancito dai trattati internazionali”.
Resta però la questione sui possibili beneficiari e, cioè, se verranno ricollocate tutte le persone che sbarcano o solo coloro che sono ritenuti richiedenti asilo. “Se si ripeterà quanto previsto dal programma di relocation del 2015 la soluzione sarebbe quasi inutile - spiega Favilli -. In quel caso vennero selezionate persone appartenenti a nazionalità che avevano ottenuto l’asilo nel 75 per cento dei casi, come Eritrea, Afghanistan, Siria. Per noi è stato inutile perché la quota, che era di 120mila in totale, non è stata mai raggiunta dato che in Italia arrivavano soprattutto persone di altre nazionalità. Ecco se la proposta prevedesse questo criterio, credo che l’Italia dovrebbe essere molto ferma nel rinviare al mittente quella che si rivelerebbe una soluzione palliativa - spiega la docente -. I ricollocamenti devono riguardare tutti i migranti che entrano dopo un soccorso in mare, solo così si potrà parlare di vera solidarietà europea. La preselezione in Italia vanificherebbe l’efficacia del meccanismo, perché molti rimarrebbero qui in attesa di un rimpatrio”.
Il rischio della volontarietà dell’adesione potrebbe, inoltre, non essere bilanciato dalle possibili sanzioni. “Il meccanismo deve essere obbligatorio se vuole essere efficiente - commenta Favilli -. Le sanzioni potrebbero non dissuadere chi comunque non ha intenzione di partecipare. In maniera più pragmatica, tenendo conto che ci saranno paesi che si terranno fuori, e nei quali gli stessi migranti non hanno intenzione di andare, il meccanismo potrebbe proprio non tener conto di questi Stati e rafforzare invece la cooperazione tra i governi che vogliono starci”.