Memorandum Italia – Libia. Le ong: “Inaccettabile il rinnovo dell’accordo”
No al patto con un Paese in guerra in mano a milizie armate non in grado di offrire alcuna garanzia sul rispetto dei diritti umani e della vita delle persone. Lo chiedono le ong impiegate nel salvataggio in mare: Sea Watch, Mediterranea, Proactiva Open Arms e Sea Eye
ROMA -”Il 2 novembre scadono i termini per il rinnovo del Memorandum d’intesa Italia – Libia siglato il 2 febbraio 2017 dall’allora Ministro dell’Interno Marco Minniti. In questa data terminano infatti i 3 mesi entro i quali l’accordo potrà essere rinnovato o eventualmente ridiscusso, come recita lo stesso articolo 8 del testo ratificato dai due Paesi. Lo scorso 30 ottobre l’attuale Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha riferito durante il question time alla Camera dei Deputati, di voler rinnovare l’accordo presentando tuttavia alcune modifiche, sostenendo che è innegabile come lo stesso avrebbe svolto un ruolo cruciale nella riduzione di una cifra fatale, corrispondente a una realtà drammatica, ovvero quella delle morti in mare. Riteniamo grave l’intenzione da parte del Governo italiano di voler confermare un accordo che ha avuto come unico risultato quello di aumentare in modo indiscriminato la violenza e la violazione dei diritti in territorio libico”. Lo sottolineano in una nota congiunta le ong che si occupano di salvataggio in mare nel Mediterraneo centrale. Sea Watch, Mediterranea saving humans, Proactiva Open Arms e Sea Eye.
“Abbiamo più volte sottoposto all’attenzione dell’opinione pubblica le gravi violazioni dei Trattati Internazionali di cui siamo stati testimoni diretti durante le nostre missioni in mare e abbiamo altresì ribadito come la riduzione del numero degli sbarchi sia stata direttamente proporzionale alle morti o alla detenzione illegittima nei centri, veri e propri lager, presenti in quel Paese - sottolineano -. Ecco perché, anche in questa occasione vogliamo ribadire quelli che per noi rimangono punti inderogabili: gli arrivi in Italia sono diminuiti a scapito della protezione delle persone che, catturate dalla cosiddetta guardia costiera libica, sono state riportate in un Paese in cui subiscono reiterate violenze e torture finalizzate alla riscossione di denaro; com’è stato ampiamente dimostrato, l’interlocutore libico del governo italiano non è in grado di rappresentare un’autorità statuale vera e propria, ma trattandosi di un Paese in guerra, si fanno accordi con fazioni che hanno il controllo solo su determinate zone del territorio; il governo libico è stato riconosciuto a livello internazionale ma è di fatto composto da una serie di milizie armate che ne compromettono l’operato; l’equazione meno partenze uguale meno morti, abusata negli ultimi mesi è in realtà fuorviante: come dimostrano i dati dell’UNHCR e dell’OIM, il rapporto tra persone partite e persone decedute nel 2018 era di 1 a 29, mentre nel 2019 è divenuto di 1 a 6. Per noi, le soluzioni restano altre, ad esempio l’introduzione di soluzioni alternative alle partenze via mare (corridoi umanitari) e la costituzione di una task force politica e istituzionale in grado di garantire la tutela dei diritti umani di chi si trova in Libia”. Per questo le organizzazioni chiedono “che si approfitti di questa importante scadenza per dimostrare un cambio di passo e per ribadire che un governo democratico, qual è il nostro, non può stringere patti con Paesi senza pretendere garanzie e tutele che rispettino prima di tutto la nostra Costituzione, ma anche la dignità e la vita delle persone”.
Eleonora Camilli