Marito e moglie pescatori? Niente doppia quota di molluschi. Il giudice: “Discriminatorio”

Il regolamento del Consorzio pescatori di Goro finisce nel mirino di 16 coppie di soci e della Consigliera regionale di parità, che hanno scelto di fare ricorso al giudice del lavoro. Pochi giorni fa la sentenza: “Statuto discriminatorio. Copego risarcisca e paghi le spese legali”

Marito e moglie pescatori? Niente doppia quota di molluschi. Il giudice: “Discriminatorio”

Seicento ettari destinati all’allevamento di vongole veraci, 1100 ettari per i mitili: sono le superfici in concessione al Copego, il Consorzio pescatori di Goro, antico borgo di pescatori con poco più di 3500 abitanti sul confine tra Emilia-Romagna e Veneto, zona Delta del Po. Il Consorzio è leader, in Italia, nel settore della molluschicoltura, con circa 650 soci suddivisi in diverse categorie di pesca e di mestiere: si occupa di tutte le fasi della filiera del prodotto, dalla produzione alla commercializzazione. Copego arriva a commercializzare oltre 10 mila tonnellate di prodotti all’anno: vongole veraci, mitili, vongole lupino e fasolari sono le 4 specie più importanti a livello produttivo, rappresentando più del 90 per cento del totale di materie prime movimentate e lavorate in azienda. Di fatto, la storia del Consorzio – sebbene la veste societaria sia nata negli anni Settanta, la fondazione risale a quasi un secolo fa – è la storia di Goro stessa.

“Si tratta di un’attività molto redditizia, anche da un punto di vista fiscale. Dunque, se nasci a Goro, con ogni probabilità il tuo futuro sarà legato alle vongole veraci – spiega Sonia Alvisi, Consigliera regionale di Parità –. Questo, almeno, se sei un maschio. Perché se sei una femmina le cose vanno diversamente. Sì, perché su 650 soci, 600 sono uomini e 50 donne. Un lavoro di fatica, si diceva una volta. Poi, però, la tecnologia e il know how hanno fatto il loro corso, e oggi le cose sono decisamente cambiate. Peccato, però, che il Consorzio faccia fatica ad accettare questo cambio di passo”. È da leggere in questo contesto la scelta di rivolgersi alla Consiglierà di parità dell’Emilia-Romagna di 32 soci di Copego, 16 uomini e 16 donne legati da un vincolo: sposati, conviventi, coppie di fatto. “Ritenevano discriminatorio lo statuto del Consorzio, in maniera velata ma ferma volto a dissuadere le donne a intraprendere il percorso nella molluschicoltura”. La parte di regolamento nel mirino, infatti, prevede che ai soci legati da vincolo affettivo di coppia – coniugati, conviventi o anche solo legati affettivamente – non venga riconosciuta una doppia quota di pescato, nonostante siano tenuti entrambi a svolgere i compiti di pesca e manutenzione affidati dalla cooperativa. “Per intenderci: se sono soci sia padre sia figlio, il padre prende 100 e il figlio prende 100: totale, 200. Se a essere soci sono moglie e marito, il pescato del marito vale 50 e quello della moglie 50. Totale, 100”, esemplifica Alvisi.

È a quel punto che, per la prima volta in Italia, la Consigliera di parità ha scelto di intraprendere un’azione diretta (e non indiretta come avviene solitamente, a supporto della causa del/dei lavoratore/i nei confronti dell’azienda) depositando un ricorso per udienza urgente. Era settembre 2020. Dopo la prima udienza del 20 ottobre – che ha visto confrontarsi, di fronte al giudice, Alvisi e Copego – e la seconda del 9 marzo 2021, la giudice ha chiuso il procedimento, e il 1° aprile è arrivata la sentenza. “Sentenza storica, direi”, puntualizza Alvisi. Il decreto firmato dal giudice del lavoro stabilisce che il regolamento del Consorzio Pescatori di Goro sull’assegnazione della quota giornaliera di prodotto pescato contiene “disposizioni discriminatorie” e pertanto non va eseguito. Accogliendo il ricorso, ha disposto che la stessa cooperativa provveda al pagamento di 20 mila euro di risarcimento all’organo di garanzia, alla copertura delle spese legali e alla copertura delle spese per la pubblicazione della sentenza sul quotidiano locale più diffuso.

Le 32 persone, prima di rivolgersi alla Consigliera di Parità, hanno intrapreso una causa civile, ancora in corso: “Speriamo che la nostra azione venga tenuta nella giusta considerazione. A oggi, i soci risultano ancora esclusi dal Consorzio. Già, perché le loro azioni avevano portato alla loro estromissione, a cui era seguita una breve riammissione, propedeutica alla seconda esclusione seguita al mio intervento. Questo significa famiglie sul lastrico, senza stipendio, impossibilitate a pagare mutui e affitti. Siamo di fronte a una situazione retrograda, profondamente maschilista. La nostra vittoria, per loro, è stato un risultato inatteso: sono stremati. Ora speriamo arrivi la sentenza civile”.

Ambra Notari

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)