La necessaria alleanza. Il tema ineludibile del cambiamento chiama tutti gli attori dell’azione formativa a ricalibrare i propri compiti
Una scuola sempre più inclusiva deve necessariamente accogliere una varietà di bisogni di cui sono portatori molti allievi e questo sollecita domande alle quali non è facile dare risposte senza un lavoro di rete.
Per poter attuare un percorso formativo efficace per i nostri giovani, scuola e famiglia hanno bisogno di stringere una forte alleanza. Tale necessità appariva chiara e urgente già cinquant’anni fa, quando la società iniziava a mostrare i primi segni di un cambiamento sostanziale che avrebbe poi travolto lo stile di vita di tutti noi, a cominciare dai ritmi legati al lavoro e alla rivoluzione dei ruoli proprio all’interno del nucleo famigliare.
La cooperazione tra le due agenzie educative, infatti, venne formalizzata a livello normativo con i cosiddetti Decreti delegati, pubblicati nell’ormai lontano 1974. L’intento dichiarato era quello di realizzare una vera e propria partecipazione democratica nella gestione della scuola “dando a essa il carattere di una comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e civica”.
All’inizio tale com-partecipazione fu determinata dalla creazione degli organi collegiali, come il consiglio di classe o il consiglio d’istituto. Con il trascorrere del tempo, però, il dialogo con le famiglie è diventato sempre più complicato e sfaccettato. In alcuni casi i genitori hanno costituito comitati per poter contribuire in maniera più fattiva alla vita scolastica, la scuola ha risposto dal canto suo organizzando incontri periodici per poter rendere possibile il confronto sui diversi ambiti educativi.
Nonostante tutti questi sforzi e l’impegno da parte dell’istituzione e dei singoli, ancora oggi il dialogo tra scuola e famiglia fatica a decollare. Anzi, in moltissimi casi genera fraintendimenti, quando non si traduce addirittura in conflitto.
Quali sono le ragioni di questo fallimento?
Fondamentalmente si tratta di una “speculare” mancanza di accettazione del nuovo scenario da parte della scuola e delle famiglie.
La scuola sostiene con difficoltà il nuovo ruolo che la società, da un lato le impone e dall’altro le disconosce. Essa, infatti, non può più essere soltanto il luogo dell’istruzione, ma è ormai un ambiente in cui i ragazzi formano le competenze fondamentali e anche la propria identità civile e personale.
Una scuola sempre più inclusiva deve necessariamente accogliere una varietà di bisogni di cui sono portatori molti allievi e questo sollecita domande alle quali non è facile dare risposte senza un lavoro di rete.
Le trasformazioni socio-economiche, che hanno mutato così radicalmente il nostro tessuto sociale, hanno di fatto eroso lo spazio educativo all’interno dei nuclei famigliari, molto spesso i genitori sono disorientati e non pienamente consapevoli dell’ampiezza del proprio compito. Si tende a fare dell’educazione una questione “privata”, chiusa all’interno delle mura domestiche. Si propongono regole per lo più finalizzate alla prevenzione di eventuali comportamenti devianti e orientate all’autoconservazione, ma prive di respiro pedagogico. I genitori più illuminati si misurano “democraticamente” coi propri figli, negoziando però di fatto i comportamenti reciproci senza approfondire insieme alcun progetto educativo.
Così, mentre il tema ineludibile del cambiamento chiama tutti gli attori dell’azione formativa a ricalibrare i propri compiti, famiglia e scuola continuano a guardarsi l’un l’altro attraverso un filtro opacizzato da una tradizione che fa riferimento a un mondo che non esiste più.
Occorre sperimentare nuovi equilibri, nella consapevolezza che in questa transizione ciascuno debba lavorare a ridefinire il proprio ambito senza rischiosi sconfinamenti.
Il salto di qualità necessario chiede ascolto attivo, empatia, efficaci strumenti di comunicazione, luoghi e tempi giusti. La “magia” può compiersi soltanto se la sinergia si muove a partire dai bisogni: dei singoli, della collettività, dell’istituzione e quindi della società.
La tessitura è faticosa e complessa ma se non creiamo ponti di dialogo e di solidarietà, l’educazione può realizzarsi soltanto in maniera parziale determinando impoverimento etico e nuove pericolose disuguaglianze.