La mente estesa. In che modo la rete e i social network impattano sulle capacità cognitive e critiche dei giovani?
Accade spesso che le produzioni televisive o in streaming puntino una buona porzione del proprio budget su programmi spregiudicati, che fanno leva su argomenti scabrosi o di grande portata emotiva.
In questi giorni acceso è il dibattito attorno a una serie streaming sul web molto seguita da giovani e giovanissimi, i cui contenuti sono violenti e anche stranianti rispetto al sistema valoriale che i ragazzi hanno (o dovrebbero avere) come riferimento.
Sul tema le posizioni sono diverse, ma si possono ricondurre a tre orientamenti principali. I più radicali invocano la censura, i moderati suggeriscono una visione sorvegliata e guidata delle immagini proposte dalla serie e poi ci sono gli ottimisti, quelli cioè persuasi che i giovanissimi possano vedere tutto o quasi, perché “in fondo se le famiglie hanno lavorato sul pensiero critico e hanno costruito negli anni dei solidi riferimenti valoriali non si corre alcun pericolo”.
Il dibattito è interessante e anche ciclico. Accade spesso, infatti, che le produzioni televisive o in streaming puntino una buona porzione del proprio budget su programmi spregiudicati, che fanno leva su argomenti scabrosi o di grande portata emotiva. Lo scopo, naturalmente, è quello di fare ascolti andando a scandagliare paure, curiosità, morbosità, tabù diffusi e costruendovi intorno degli intrecci accattivanti.
Quali sono però i reali effetti che questi prodotti hanno sulla psiche dei nostri ragazzi? In che modo la rete e i social network impattano sulle capacità cognitive e critiche dei giovani? Difficile dare una risposta univoca ed esauriente.
A questo proposito possono aiutarci a chiarire le idee alcuni studi, pubblicati alla fine degli anni Novanta, sul concetto di “mente estesa”.
Gli approfondimenti delle neuroscienze mostrano che il cervello, a causa della sua estrema plasticità, soprattutto durante gli anni dell’età evolutiva, si trasforma a seconda della natura degli impulsi che riceve o di cui è oggetto, orientando conseguentemente lo sviluppo dell’identità dell’individuo. Si potrebbe affermare che, in ogni momento della nostra giornata, nella testa di ciascuno di noi si scateni una sorta di competizione tra contenuti diversi che cercano di affermarsi l’uno sull’altro, accaparrandosi il controllo delle nostre azioni e dei nostri comportamenti. Le suggestioni esterne, quindi, soprattutto quelle più immaginifiche e seducenti si insinuano facilmente nella nostra mente.
Nel mondo attuale la compenetrazione sempre più stretta tra mondo reale e mondo virtuale, nonché la forte tecnologizzazione dei nostri gesti quotidiani, restituiscono un nuovo “modello” di Sapiens 2.0, e cioè un umano che di generazione in generazione appare sempre più integrato nel contesto del web. La teoria della “mente estesa”, introdotta dai filosofi Andy Clark e David Chalmers, afferma che i confini del nostro cervello variano a seconda dei legami causali che esso intrattiene con porzioni di mondo fuori di sé. Ciascuno di noi stabilisce, ad esempio, con l’ambiente tecnologico legami sempre più stretti che conducono a una vera e propria “simbiosi”. Ci troviamo a vivere una doppia identità: “essere umano” e “utente”. Attraverso la dimensione di “utente” costruiamo e compiamo “progetti”. Più l’intelligenza artificiale risponde in maniera puntuale alle nostre intime esigenze, più le due identità diventano coincidenti.
Quali sono quindi gli effetti della sovraesposizione mediatica e a contenuti non consoni veicolati da un sistema così facilmente fruibile dai nostri adolescenti? Per rispondere a questa domanda è utile anche riflettere, oltre che sul concetto di “mente estesa”, anche su quello della replicazione automatica dei pensieri assorbiti attraverso la rete e i suoi prodotti. Fondamentali a questo proposito appaiono gli studi della “memetica”, una cosiddetta “protoscienza” che si basa sull’apprendimento e trasmissione dei “meme”, unità di trasmissione culturale o imitative, che possono essere diffusi da individuo a individuo in maniera accelerata, perfino virale attraverso il web.
Nell’adolescenza, in maniera particolare, le identità frammentate dell’individuo si saldano in un sé integrato. Siamo in grado di stabilire quanto incideranno nella formazione dei futuri adulti questi “tecnomeme” e quanto condizioneranno le abitudini del pensiero dell’intera specie?
L’approfondimento scientifico urge e anche la riflessione consapevole sul peso di modalità e contenuti di cui i nostri figli sono fruitori.