L’agroalimentare europeo e Trump. Attese e rischi che valgono miliardi di euro
Il modo di intendere l’agricoltura in Europa è nettamente diverso da quello statunitense
Dazi. E non solo, ma anche politiche commerciali protezionistiche in termini più vasti. L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha aperto notevoli incognite per l’Europa e per l’agroalimentare. Ed è un futuro in cui qualche cambiamento importante è da mettere in conto quello che si sta delineando.
Il modo di intendere l’agricoltura in Europa è nettamente diverso da quello Usa. Il Vecchio Continente è caratterizzato da imprese di dimensioni più contenute rispetto a quella statunitensi, in Europa l’agricoltura si pratica ancora con una forte diversificazione produttiva e con un’attenzione agli aspetti ambientali che negli Usa, invece, sono molto minori. In Europa è possibile parlare ancora di un’agricoltura eroica per le difficoltà ambientali in cui viene praticata, da contadini su piccoli appezzamenti, con tecniche quasi manuali per alcune coltivazioni; negli Usa l’agricoltura eroica ha lasciato il posto, spesso, ad un’agricoltura fatta di grandi estensioni, meccanizzazione portata al massimo, grande uso di organismi geneticamente modificati e di prodotti chimici. Certo, in entrambe le sponde dell’Atlantico non tutto è uniforme, ma la generalità delle produzioni avviene con tecnologie e approcci al mercato completamente diversi. Differenze che per l’agricoltura italiana si accentuano.
Molto diverso, ed è questo il punto cruciale forse, è poi l’atteggiamento di politica agraria dell’Ue rispetto agli Usa. Detto in altri termini, l’America First di Trump potrebbe avere forti conseguenze anche sulla politica agricola possibile della futura amministrazione.
E’ partendo da queste considerazioni che l’attenzione dell’Europa dopo l’elezione di Trump è cresciuta di livello. “Con l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca l’Unione Europea deve rafforzare il suo bilancio agricolo, gravemente carente rispetto al Farm Bill, il programma di aiuti per gli agricoltori americani, che il neo presidente prevede di potenziare con una serie di misure fiscali e incentivi per rafforzare la produzione alimentare statunitense e incrementare la presenza sui mercati esteri”. E’ quanto ha affermato Coldiretti subito dopo i risultati elettorali statunitensi. I coltivatori per spiegare meglio hanno ricordato pochi numeri. La Politica agricola comune (Pac) in Europa vale 386 miliardi di euro in totale fino al 2027. di cui trentacinque miliardi di euro per l’Italia. Negli Usa il Farm bill vale 1400 miliardi di dollari in dieci anni.
Se questi sono i termini della partita, il gioco che l’Europa viene chiamata a fare è ben sintetizzato proprio dai commenti degli agricoltori italiani. Di più attenzione all’innovazione e di maggiori fondi a disposizione parla ancora Coldiretti, che aggiunge però l’augurio che vi sia “un cambio nello scenario che storicamente veniva attuato, che ha visto il settore agroalimentare italiano penalizzato da dispute di carattere economico tra Usa e Ue su altri settori produttivi, come quello aerospaziale”. Confagricoltura sottolinea invece la necessità di “costruire nuovi modelli produttivi, in uno scenario in cui l’Europa pone obiettivi di sviluppo sostenibile molto sfidanti”. La stessa organizzazione agricola ricorda poi la necessità di puntare ad un’ agricoltura “sempre più produttiva, grazie al digitale, alla scienza, alla ricerca e alle tecnologie applicate”. Mentre Cia-Agricoltori italiani chiede politiche forti per “salvaguardare l’export agroalimentare Ue e Made in Italy”. Sempre la Cia poi ricorda: “Alla tregua quinquennale sancita nel 2021 resta praticamente un solo anno e occorre consolidare quello spiraglio di distensione che alla fine salvò i prodotti italiani, vino, olio e pasta in particolare, nella revisione delle liste merci Ue colpite dai dazi Usa.
Se questo è lo scenario tra Europa e Usa, quello che coinvolge più direttamente l’Italia non è da meno in quanto a importanza. Il nostro Paese, infatti, deve salvaguardare un valore di circa mezzo miliardo in export di cibi e bevande che, ogni anno, arrivano al di là dall’Atlantico, con il vino che vede negli Usa il suo primo mercato di sbocco. Più in generale, per comprendere la posta in gioco basta ricordarsi che la filiera agroalimentare allargata vale oltre 620 miliardi di euro. Quanto accadrò da qui in avanti, quindi, sarà davvero di grande importanza per la nostra agricoltura.