Incidenti sul lavoro, Anmil: “L’agricoltura si conferma il settore più a rischio”
Il presidente di Anmil, Forni, commenta l’ultima vicenda di cronaca e ricorda come “la crescita dei decessi in Agricoltura ha riguardato esclusivamente la componente dei lavoratori stranieri”. A fronte di minori ispezioni, verificata crescita del tasso di irregolarità
ROMA - “Oggi anche per noi è una giornata di grave lutto per l’ennesimo incidente che insanguina la lunga lista dei morti sul lavoro di quest’anno, ferendo tutta la nostra categoria che si stringe al dolore delle quattro famiglie che non vedranno tornare a casa i loro cari. Il caso delle quattro vittime conferma prepotentemente come il settore più a rischio negli ultimi 7 mesi sia l’agricoltura”. Così ommenta il presidente dell’Anmil, Zoello Forni, commenta la vicenda di Pavia, dove 4 persone hanno perso la vita.
Stando ai dati Inail di poche settimane fa, la crescita dei morti nel lavoro agricolo segna addirittura un +39,3% nel confronto tra i primi 7 mesi del 2018 rispetto a quelli del 2019: +22 casi (da 56 a 78); “un dato ancora più preoccupante – afferma l’Anmil - se si pensa che fino a poco tempo fa l’agricoltura aveva fatto registrare solo costanti e consistenti flessioni”.
Ma la novità di queste ultime rilevazioni, ricorda Anmil, “è rappresentata dal fatto che la crescita degli infortuni mortali è dovuta esclusivamente all’Agricoltura, un settore che fino a poco tempo fa aveva fatto registrare solo costanti e consistenti flessioni. Nello stesso arco di tempo, invece, nell’Industria e Servizi si registrano 10 casi mortali in meno (da 522 a 512), mentre per i lavoratori dello Stato le denunce sono rimaste costanti (9 in entrambi i periodi)”.
“Da qualche tempo si sta assistendo ad una certa ripresa delle attività agricole che, secondo l’Osservatorio Nomisma, nell’ultimo anno hanno rilevato un aumento del 6% delle giornate lavorate: dati che pongono il settore secondo solamente al turismo. Ma è altrettanto noto che, in questo settore, permangono ancora ampie sacche di irregolarità per la presenza, in alcune zone molto diffusa, di fenomeni odiosi come il lavoro nero, lo sfruttamento e il caporalato, che rendono il duro lavoro nelle campagne ancora più precario ed insicuro – continua la nota di Anmil -. Approfondendo ulteriormente l’analisi dei dati, si rileva come la crescita dei decessi in Agricoltura ha riguardato esclusivamente la componente dei lavoratori stranieri sia comunitari (da 29 a 40), che extracomunitari (da 64 a 71)”.
“Non è un caso quindi che i 4 lavoratori deceduti oggi siano di origini indiane, pertanto – commenta il presidente Forni – appare del tutto evidente che ci troviamo di fronte ad una situazione ormai intollerabile e indegna di un Paese civile. Proprio per questo, siamo fortemente preoccupati dalle notizie che provengono dal Rapporto dell’I.N.L. (Ispettorato Nazionale del Lavoro) sulle attività di vigilanza del primo semestre 2019: pur a fronte di un numero di ispezioni diminuito del 9% rispetto allo stesso periodo del 2018, si è riscontrato un tasso di irregolarità nelle imprese controllate cresciuto di 3 punti percentuali (dal 69% al 72% dei casi); il numero dei lavoratori risultati completamente “in nero” è aumentato del 14% (da 20.398 a 23.300 unità). Le indagini svolte sul fronte della lotta al “caporalato” hanno altresì portato alla denuncia di 263 persone – 59 delle quali in stato d’arresto – più del triplo rispetto alle 80 denunce dell’omologo periodo 2018. In questo contesto appare molto significativo il dato che l’incidenza del fenomeno ‘caporalato’ risulti nettamente prevalente nel settore agricolo, dove delle 263 persone denunciate ben 147, pari al 56% del totale, operano in questo settore”.
“Pertanto, anche a fronte della recente notizia della chiusura del bilancio consuntivo 2018 dell’Inail, con un utile di circa 1.804 milioni di euro è indispensabile prevedere significativi investimenti per migliorare la prevenzione degli incidenti sul lavoro a cominciare proprio dall’aumento delle risorse per rafforzare l’attività ispettiva, più concrete attività di formazione e, non ultimo, un più equo adeguamento delle prestazioni economiche per le vittime del lavoro”.