Green pass, l’alimentare accetta ma non condivide. Le nuove regole dettate dal governo non piacciono alla complessa filiera della ristorazione
Filiera Italia vorrebbe almeno più tempo per l’entrata in vigore dell’obbligo del green pass, ma anche l’imposizione della vaccinazione a tutto il personale degli esercizi alimentari.
L’agroalimentare italiano pare abbia digerito non molto bene le ultime indicazioni del governo circa il green pass il cui uso è stato reso più stringente per contenere il dilagare delle ultime varianti di Covid-19. Questione complessa, certamente, quella delle misure che nei mesi sono state adottate e che, comunque, non hanno mai accontentati tutti. Ed è obiettivamente difficile mettere insieme cautele e voglia di tornare ad una vita normale, ma anche esigenze economiche di migliaia di imprese con quelle mediche di prevenzione.
Sulle ultime misure rimane per ora la posizione del comparto alimentare. “Assolutamente negativo il giudizio sulla misura adottata in merito all’utilizzo del green pass”, dice per esempio Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, che continua: “Nonostante ne abbiamo sempre compreso il principio, decisamente non soddisfa l’obbligo imposto nei fatti per i soli ristoranti al chiuso”. Il rappresentante dell’intera filiera agroalimentare italiana poi sottolinea che “in questi due anni di pandemia i ristoratori hanno dimostrato di essere pronti a compiere sacrifici, quando questi sono stati richiesti sulla base di fondamenti scientifici non discriminatori e nell’interesse generale”. Ad essere coinvolto, d’altra parte, pare essere un po’ tutto il settore del tempo libero che ha ormai nell’agriturismo e nell’ospitalità rurale uno dei suoi punti di forza. I coltivatori diretti stimano addirittura in 13,5 milioni le persone che in qualche modo dovranno vaccinarsi per la prima volta o fare un tampone per andare al cinema, al teatro, in palestra, partecipare a grandi eventi o sedersi al chiuso in bar o ristoranti.
Ma, viene fatto capire, adesso la misura pare essere colma. Stando ad alcune stime il comparto alimentare avrebbe visto dimezzarsi il fatturato per una perdita complessiva di quasi 41 miliardi di euro nel 2020. Una situazione che si ripercuote a cascata – fa notare la Coldiretti – sull’intero sistema agroalimentare con oltre un milione di chili di vino e cibi invenduti nell’anno della pandemia. “La drastica riduzione dell’attività – spiega una nota -, pesa infatti sulla vendita di molti prodotti agroalimentari, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco”. Una condizione che tra l’altro arriva dopo che di fatto si è riscoperto in questi mesi il ruolo strategico per il Paese della produzione agroalimentare: quasi una riacquisizione di quell’importanza che, un po’ per la globalizzazione e un po’ per il benessere, molti italiani probabilmente avevano dimenticato. E che poi hanno velocemente riscoperto precipitandosi, tra l’altro, a milioni nei mercati “a chilometro zero” sparsi un po’ in tutta Italia.
Ma quindi che fare? Filiera Italia vorrebbe almeno più tempo per l’entrata in vigore dell’obbligo del green pass, ma anche l’imposizione della vaccinazione a tutto il personale degli esercizi alimentari. Sempre Scordamaglia poi precisa: “Se davvero si ritiene che la campagna vaccinale abbia bisogno di un’ulteriore spinta – dice ancora Scordamaglia – si estenda l’obbligatorietà della vaccinazione, doppia o singola dose, per accedere a ogni tipo di servizio, non possiamo pensare che il green pass serva per consumare al tavolo di un ristorante, ma non per bere in piedi ammassati in un pub”. Senza dire delle sanzioni (anche di mille euro) che i rappresentanti della filiera dell’alimentazione temono possano gravare solo sugli esercenti e non anche sugli avventori.
Difficile adesso stimare cosa accadrà. Tutto, ed è l’unica certezza, è comunque appeso al filo della pandemia.