Grazie professore! La commovente lettera di un docente tornata d'attualità dopo la sua morte
Pietro Carmina è una delle vittime della tragedia avvenuta pochi giorni fa a Ravanusa, con lo scoppio di una conduttura di gas che ha fatto crollare una palazzina e sepolto diverse persone.
La notizia è stata ampiamente rilanciata dai media, ma vale la pena di riproporla. Si tratta della lettera scritta ai suoi studenti da un professore che va in pensione. Un professore di storia e filosofia, insegnante in un liceo siciliano, che ha smesso di entrare in classe nel 2018 e proprio in quella occasione ha scritto ai suoi studenti. La lettera è diventata di attualità perché questo professore, Pietro Carmina, è una delle vittime della tragedia avvenuta pochi giorni fa a Ravanusa, con lo scoppio di una conduttura di gas che ha fatto crollare una palazzina e sepolto diverse persone.
E’ una lettera commovente quella di Pietro, nella quale ripercorre i i suoi 43 anni di insegnamento attraverso i volti ricordati dei suoi moltissimi allievi: “Di parecchi rammento tutto – scrive – anche i sorrisi, le battute, i gesti di disappunto, il modo di giustificarsi, di confidarsi, di comunicare gioie e dolori, di altri, molti in verità, solo il viso o il nome. Con alcuni persistono, vivi, rapporti amichevoli, ma il trascorrere del tempo e la lontananza hanno affievolito o interrotto, ahimè, quelli con tantissimi altri”.
Con loro, con tutti questi giovani, Pietro Carmina continua a dialogare. A loro confida di “aver dato tutto quello che ho potuto, ma credo anche di avere ricevuto di più, molto di più”. E poi avvia un’ultima lezione magistrale: “Vorrei che sapeste che una delle mie felicità consiste nel sentirmi ricordato; una delle mie gioie è sapervi affermati nella vita; una delle mie soddisfazioni la coscienza e la consapevolezza di avere tentato di insegnarvi che la vita non è un gratta e vinci: la vita si abbranca, si azzanna, si conquista”.
Che bello leggere queste parole, che riassumono il significato profondo del “mestiere” dell’insegnante. Trasmettere conoscenze, certo, ma attraverso queste preparare alla vita, promuovere consapevolezza, responsabilità, desiderio di protagonismo.
“Usate le parole che vi ho insegnato – è la raccomandazione dell’insegnante di Ravanusa – per difendervi e per difendere chi quelle parole non le ha; non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi: infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela la vita, non ‘adattatevi’, impegnatevi, non rinunciate mai a perseguire le vostre mete, anche le più ambiziose, caricatevi sulle spalle chi non ce la fa: voi non siete il futuro, siete il presente”. E come suonano familiari, a tanti insegnanti e genitori di adolescenti queste altre parole: “Vi prego: non siate mai indifferenti, non abbiate paura di rischiare per non sbagliare, non state tutto il santo giorno incollati a cazzeggiare con l’iPhone. Leggete, invece, viaggiate, siate curiosi”.
Come è difficile e insieme appassionante educare. Come è spesso frustrante e doloroso – da insegnanti, da genitori – rendersi conto di non poter trascinare nessuno per mano verso le mete, anche le più belle, che si intravedono nella vita. Perché non si può camminare al posto degli altri, perché l’unica chance è che ciascuno faccia da sé. Gli si può preparare la strada, facilitare il cammino, ma soprattutto bisogna fornirlo di scarpe buone, di attrezzatura adeguata e poi lasciarlo andare. Con libertà.
Così conclude la lettera di Pietro Carmina: “Io ho fatto, o meglio, ho cercato di fare la mia parte, ora tocca a voi… Buon viaggio”.
Grazie professore.