“Essenziali ma invisibili”: i rider in sciopero in 24 città
Indetto il “No delivery day”. “Non chiediamo la luna ma di essere alla pari di tutti i lavoratori dipendenti”. Denunciano le condizioni di sfruttamento e la mancanza di tutele. E ai clienti rivolgono un appello: non fate acquisti oggi. “Abbiamo bisogno anche di voi. Un gesto semplice: rifiutarsi per un giorno di fare click”
“Siamo lavoratori essenziali, ma non possiamo continuare ad essere anche gli invisibili”. Oggi è il “No delivery day”, giornata di sciopero indetta da alcune organizzazioni di rider, con presidi organizzati in 24 città in tutta Italia, da Milano a Palermo. Per l'occasione hanno scritto una lettera aperta ai consumatori: “Da anni stiamo lottando affinché siano riconosciuti i nostri diritti. Ci troviamo in una situazione paradossale, sempre più diffusa nel mondo del lavoro contemporaneo: siamo pedine nelle mani di un algoritmo, siamo considerati lavoratori autonomi; siamo inseriti in un’organizzazione del lavoro senza alcun potere ma non siamo considerati lavoratori dipendenti dai nostri datori di lavoro”. E invitano i clienti a non fare acquisti oggi. I rider denunciano lo sfruttamento di cui sono vittime. “Anche se ormai è sotto gli occhi di tutti, il lavoro autonomo è solamente un espediente -scrivono-: consente a multinazionali feroci di non rispettare i contratti e di non riconoscerci tutele quali ferie, malattia, tredicesima, quattordicesima, tfr, salari certi in base ai minimi tabellari e non variabili in base al ricatto del cottimo”. Ricordano anche che ormai tribunali italiani e in altri Paesi europei stanno sancendo che quello dei rider è un lavoro dipendente. “In tutta Europa i tribunali stanno riconoscendo la verità: il nostro è un lavoro subordinato. Anche il tribunale del lavoro di Palermo, nel primo grado di giudizio, si è mosso in questa direzione. Un’altra sentenza della Corte di Cassazione ha riconosciuto che ci devono essere applicate le tutele del lavoro dipendente”.
Ci sono poi inchieste giudiziarie, come quella condotta dalla Procura di Milano, che hanno fatto emergere presunte forme di caporalato. Inoltre, “il Tribunale di Bologna ha riconosciuto che l'algoritmo è un dispositivo discriminatorio nei confronti dei lavoratori”. Durissimo l'attacco verso le società di delivery. “Cosa fanno, in questa situazione, le aziende nel nostro Paese? Se ne infischiano e cercano di farla franca mantenendo un modello di business che si regge esclusivamente su sfruttamento, cottimo e precarietà. Hanno sottoscritto un accordo pirata con un sindacato di comodo (Ugl), sul cui profilo di dubbia legittimità si è espresso criticamente anche il Ministero del Lavoro: un contratto truffaldino per evadere la legge e confinarci in questa situazione di mancanza di garanzie”.
Per tutti questi motivi, è stato indetto lo sciopero del 26 marzo. “In questa pandemia ci hanno definito come lavoratori 'essenziali', in un contesto dove le piattaforme non ci fornivano nemmeno le mascherine e, per una simile ovvietà, siamo dovuti ricorrere in tribunale. Essenziali lo siamo stati per davvero, avendo sorretto sulle nostre spalle il settore della ristorazione colpito dalle chiusure dovute all'emergenza sanitaria. Ma gli “essenziali” non possono continuare ad essere anche gli “invisibili”. Non chiediamo nemmeno la luna. Chiediamo di essere alla pari di tutti i lavoratori dipendenti del nostro paese. Salari, sicurezza, malattia, ferie, contributi, mensilità aggiuntive, tfr, contratto nazionale”. E chiedono ai consumatori di non fare acquisti per oggi sulle piattaforme di delivery: “Noi ce la metteremo tutta, ma abbiamo bisogno anche di voi. Un gesto semplice – rifiutarsi per un giorno di fare click - può sostenere una causa che non è solo quella dei riders, ma quella della civiltà di un Paese e del mercato del lavoro”.