Crisi che ci riguardano
Le crisi politico-istituzionali che hanno investito Germania e Francia ci riguardano molto da vicino
Le crisi politico-istituzionali che hanno investito Germania e Francia ci riguardano molto da vicino. A dire il vero questo vale per tutto ciò che avviene in Europa (illudersi di giocare in proprio è puro autolesionismo, non sovranismo), ma in questo caso con una particolare accentuazione perché si tratta di Paesi che insieme all’Italia hanno costituito e per molti versi ancora costituiscono il nocciolo duro della Ue.
Per chiarezza espositiva il discorso si può articolare su due piani. Il primo è quello della lezione che la politica italiana può trarre da quanto è accaduto e sta accadendo ai sistemi politico-istituzionali di quei due grandi Paesi. Colpisce innanzitutto un fatto oggettivo: si tratta di sistemi che – all’interno del mondo delle democrazie, quelle vere – rappresentano due poli quasi opposti, quantomeno fortemente divergenti. Il semi-presidenzialismo francese e il parlamentarismo rafforzato tedesco sono modelli che hanno avuto un ruolo tutt’altro che marginale nel dibattito italiano sulle riforme costituzionali, con autorevoli sostenitori da una parte e dall’altra. Ebbene, questi due modelli si trovano entrambi in evidente difficoltà, tanto che qualche osservatore ha colto l’occasione per rivalutare il sistema di casa nostra e la sua capacità di adattamento alle diverse situazioni, soprattutto di fronte alle crisi. Trarne la conseguenza che da noi tutto vada bene sarebbe arbitrario e semplicistico, ma un certo tasso di prudenza nel mettere mano alle modifiche costituzionali sarebbe comunque raccomandabile.
In realtà, come gli studiosi sanno bene – e l’esperienza empirica lo conferma – i sistemi istituzionali hanno una grande rilevanza nel funzionamento di una democrazia, ma non sono l’unica variabile in campo. Contano i fattori economico-sociali e anche quelli più specificamente politici. Se si prevedono delle soglie di sbarramento per l’ingresso nelle assemblee elettive – tanto per fare un esempio concreto e attuale – l’effetto è solitamente quello di ridurre la frammentazione partitica, di contenere le posizioni più estreme e di agevolare la governabilità. Ma se sulla scena politica irrompono forze anti-sistema in grado di superare ampiamente gli sbarramenti, il meccanismo s’inceppa o deraglia ed è la politica che deve cercare di ricucire il tessuto istituzionale lacerato. Qui emerge un ulteriore problema che riveste un’importanza sempre più cruciale per il futuro delle democrazie: la necessità di garantire la formazione di un consenso libero e consapevole. Il caso della Romania è eclatante, ma il peso delle interferenze esterne e dei soggetti potentissimi che controllano i social media si fa sentire ovunque.
Il secondo piano è quello delle conseguenze dirette e indirette delle crisi, in particolare sul piano economico. Diciamo subito che pensare di lucrare dei vantaggi dalle difficoltà di Francia e Germania è assolutamente miope. L’Italia ha invece tutto l’interesse a vedere questi due Paesi nuovamente stabili dal punto di vista politico e guidati da governi affidabili a livello europeo, magari dopo aver fatto autocritica rispetto a certi errori commessi in passato. Una situazione d’instabilità nell’area dell’euro, che potrebbe essere innescata anche da quanto si decide oltreoceano, avrebbe gravi ripercussioni soprattutto sui Paesi più fragili dal punto di vista finanziario e l’Italia lo è per via del suo debito pubblico molto elevato, nonostante alcuni progressi compiuti. Per quanto riguarda la Germania, poi, c’è un rapporto diretto: la crisi dell’industria tedesca sta mettendo in grave affanno anche l’industria italiana che è strettamente interconnessa a quella, basti pensare al settore dell’indotto automobilistico, e comunque Berlino resta il nostro principale partner commerciale. Tutto si tiene e la sfida di un nuovo ordine internazionale dovrebbe spingerci a non accontentarci del piccolo cabotaggio corporativo.